giovedì 28 marzo 2013

Trenitaliche Tragicommedie

- E' sul binario di fronte, ce la facciamo!-
Una decina di teste si sollevano, con un effetto simile a quello dei velociraptor che spuntano dall'erba alta in Jurassic Park. Tra di esse, la mia, mentre le mie mani si stringono convulsamente intorno al manico della grossa valigia nera con cui sto ostruendo la piattaforma del vagone. Per un attimo, un gruppo di perfetti sconosciuti, che hanno passato l'ultima ora a stare uno accanto all'altro fissando con sguardi assenti il paesaggio che scorreva oltre le porte, si ritrovano uniti nella gioia. E' mai possibile che quanto quella ragazza ha appena esclamato eccitata sia vero? C'è forse una remota speranza di prendere al volo la coincidenza, nonostante il ritardo del treno su cui ci troviamo?
Siamo in molti ad affollarci davanti all'uscita, principalmente studenti fuori sede diretti a casa per le vacanze pasquali. Altri stanno affluendo dagli scompartimenti intorno, tutti con valigie, borsoni o zaini che contribuiscono a diminuire la quantità di spazio disponibile. L'aria respirabile, a occhio, è già finita da qualche minuto. Nonostante ciò faccio un respiro profondo, mentre mi preparo a farmi proiettare dalla folla fino al treno fermo al binario di fronte. Posso farcela. Se prendo questo treno, sarò a casa con un'ora di anticipo, e non dovrò attendere un'ora in stazione da sola.
Il tabellone conferma allegramente quanto la ragazza sconosciuta ha affermato con tanta gioia. Il treno è quello giusto, devo solo aspettare che le porte di questo si aprano... ecco, si sta fermando! E' fermo! La porta scorre!
Balzo fuori, rischiando di fare a pezzi un paio di piedi con il mio trolley, e di essere gambizzata da un paio di altre valigie. La ragazza che ha attizzato tutte le nostre speranze è già di fronte a me, tallonata da un'amica. Attraversiamo lo spazio schivando per un pelo gli ignari passanti.
Porte chiuse.
Lei sta già battendo sul pulsante di apertura, mentre io ed una folla di altri disperati innalziamo fervide preghiere a qualunque santo sia preposto alla protezione dei viaggiatori in treno. Ma forse non c'è un santo per questo: ed infatti, mentre ancora noi battiamo sulla porta come comparse in un film sugli zombie, mentre i fortunati all'interno scuotono la testa con aria di compatimento, il treno di fronte a noi si mette in moto.

Tentativi disperati di salire sul treno

Rimaniamo lì, ad implorarlo muti di tornare, per qualche attimo di sgomento. Io scuoto la testa: mi ero illusa, lo sapevo. Un viaggio in treno in cui ogni coincidenza funziona perfettamente? Assurdo.
Mi trascino stancamente verso il sottopassaggio, con la valigia che sobbalza sulle sue rotelle di plastica, partecipe della mia tristezza. Faccio lo slalom tra compagni di sventura: altri universitari con trolley al seguito, i semplici pendolari con zainetti sulle spalle o borse rigonfie, anziani che avanzano lentamente a coppie o gruppetti, guardandosi attorno spaesati, famigliole con bambini urlanti al seguito. Raggiungo il tabellone delle partenze ed attendo pazientemente che la schiera di cinesi riesca a capire, dopo concitate consultazioni, dove deve andare. Cerco con occhi depressi la mia destinazione e la collego ad un orario.
Un'ora. Un'ora di attesa prima di poter ripartire. Un'ora in una stazione affollata di totali sconosciuti... ma forse potrei incontrare qualcuno che conosco? Magari un'ex-compagno di classe di ritorno da qualunque città universitaria in cui sia disperso? Alzo le spalle, avvicinandomi al cestino ed iniziando a sbucciare l'arancia che ho previdentemente messo in borsa per l'occasione: vitamine, sostenetemi voi!
Non c'è una sedia libera, così, appena finita la mia lauta merenda, decido di avviarmi verso il binario previsto. Non fa poi così freddo, e devo ancora fare provvista di aria fresca dopo il tragitto precedente.
Ormai mancano dieci minuti, e la piattaforma si sta affollando. Ancora una volta, la componente prevalente della folla è costituita dagli universitari, e tra le teste eccone una conosciuta. Ma certo, è P.! Mi allungo tra un paio di persone e batto una mano sulla spalla del mio ex-compagno di classe.
- Ciao!-
- Ciao! Come va?-
Forse, rifletto, non è stato poi così terribile perdere il treno. Ho rivisto una persona che non vedevo da mesi, ed ho avuto l'occasione di chiacchierarci un po'. Riusciamo addirittura a guadagnare, dopo un'ardua lotta, un paio di posti a sedere sul treno che arriva con qualche minuto di ritardo ed è subito preso d'assalto.
Ma sì, dai, Trenitalia non è così orribile. Non ha certo fatto apposta ad organizzare gli orari in modo da farmi incontrare un amico, ma non posso certo lamentarmi tanto. Sì, potrei addirittura arrivare a dire che il santo dei treni, di cui devo ancora appurare l'identità, stava guardando verso il basso.
O no?
Ricordate quei minuti di ritardo a cui avevo accennato?
Si sono rapidamente dilatati fino a venti minuti. Giusto il tempo necessario alla coincidenza successiva, ed a farci godere lo splendido spettacolo del nostro treno - l'ultimo treno della nostra odissea, il treno che ci riporta al paesello nativo - che sfreccia via nella direzione opposta al sottopassaggio da cui stiamo salendo trafelati.

Lui poteva farcela, io no
Conclusione: Trenitalia, Trenitalia, perché sei tu Trenitalia?

Clara


2 commenti:

  1. Tragico. Ed è vita vissuta, qualcosa che tutti noi abbiamo nel nostro bagaglio di esperienze. Perché, dico PERCHÉ gli stramaledettissimi treni non attendono i pendolari per partire? Che senso ha partire tre minuti prima che arrivino i passeggeri? Mah...

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    1. Me lo chiedo anche io ogni volta che devo prendere un treno, credimi. Tanto più che il personale sa benissimo che molta della gente che prende un determinato treno ad una certa ora è appena scesa dall'altro. Praticamente certe corse esistono in funzione della coincidenza! Ma meglio non cercare di capire i misteri di Trenitalia e dei suoi regionali...

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