lunedì 14 settembre 2015

L'università: istruzioni per l'uso







Settembre, quest'anno, vuol dire l'inizio di una nuova avventura, la laurea magistrale. Nuova città, nuovo alloggio, nuovo corso. Quale momento migliore per fare un po' il punto della mia esperienza universitaria finora, ed usarla per dare qualche consiglio a chi sta per cominciare?

Consigliamo ad esempio di non usare l'università come scusa per qualsiasi cosa vi dimentichiate di fare, perché prima o poi la gente inizierà a chiedersi se li stiate prendendo in giro o se siate proprio cretini. Esempio a caso... Clara.

Consigliamo inoltre di non decidere che dovete aggiornare più spesso il vostro blog subito prima degli esami. Esempio a caso... Clara.

Consiglio inoltre di liberarvi di eventuali voci nella vostra testa e troll che le accompagnano prima di iniziare, perché altrimenti continueranno ad interrompere ogni volta che state cercando di scrivere un post serio. Esempio a caso... loro.

Clara, se non ci vuoi basta dirlo. Vorrà dire che andremo a progettare altri modi per rivelare a tutti le tue menzogne per conto nostro.

Se ne sono andati? Va bene, allora ricominciamo. Che cosa mi hanno insegnato questi anni di università? E che cosa avrei voluto sapere fin da subito?

- Attacca bottone!
Quando ho iniziato l'università, ero una  tipetta piuttosto asociale ed incapace di relazionarsi con il prossimo, soprattutto con i perfetti sconosciuti. In effetti, molto spesso lo sono ancora... ma per una serie di combinazioni astrali favorevoli, divina provvidenza o botte di fortuna, nei miei primissimi giorni di vita universitaria una serie di persone hanno iniziato a chiacchierare con me, e ritrovarsi a vagare per le vie di una città ancora sconosciuta a tutte cercando il posto più economico dove pranzare, o assembrate di fronte ad un computer a cercare di capire come si compili un piano didattico, è sembrata una conseguenza naturale. E così, mese dopo mese, conoscenza di una conoscenza dopo l'altra, ho conosciuto alcune delle amiche a cui sono più affezionata.
Altre volte, ho provato a prendere io l'iniziativa. In realtà, superato il blocco iniziale, non è difficile iniziare una conversazione:
" Tu c'eri alla scorsa lezione? Non ho scritto una cosa negli appunti."
" Ma tu hai capito il nome-impronunciabile-di-sovrano/divinità/studioso che ha detto prima?"
" Hai mica una penna in più?"
" Ma tengono sempre così freddo in aula o si è rotto il riscaldamento?"
" Siamo nell'aula giusta, vero?"
L'università fatta insieme è molto più facile che da soli, questo è sicuro. Non è necessario che tutti quelli che conosciate diventino i vostri amici del cuore, ovvio, ma sapere come si chiamano rende meno imbarazzante chiedere loro gli appunti di quella volta che siete stati assenti, ed è sempre piacevole avere qualcuno con cui andare a prendere un caffè quando proprio non ce la potete fare, o con cui scambiare due parole prima delle lezioni. Per non parlare del fatto che, soprattutto se siete al primo anno, ci sono tutte quelle piccole e preziose informazioni su cose come dove andare a mangiare, o cosa fare la sera, sconti per studenti e attività culturali/sportive/ricreative... tutte cose che solo il passaparola può insegnarvi! Quindi, se non lo fate per simpatia, fatelo almeno per comodità ;)

- Esplora!
Se sei in una grande università, è probabile che ci siano anche parecchi spazi, spesso e volentieri dispersi in giro per la città. Il che si traduce in diverse biblioteche, diverse sale studio, diversi punti ristoro... e, notizia flash, non sei tenuto a rimanere in quelli della tua facoltà. Nei primi tempi, girare un po' può aiutare a scoprire una sala studio "periferica" molto meno affollata di quella "principale", o un posto dove mangiare risparmiando, o semplicemente un angolino comodo dove rilassarsi un po'. Personalmente, quando dovevo studiare seriamente, preferivo di gran lunga fare due passi in più ed andare in una sala studio dove c'erano solo due persone oltre a me: potevamo espandere il nostro materiale su un tavolo a testa, nessun problema di connessione internet perché c'erano pochi apparecchi, nessuna lotta per accaparrarsi le prese elettriche. Certo, in quei periodi rilassati in cui "studiare" è relativo, può essere meglio la sala studio dove trovi senza problemi qualcuno con cui fare una pausa caffè, ma è meglio avere già pronto un piano B ;)

-  Organizzati!
Ve l'hanno già detto tutti, ma giusto per rompere le scatole lo dico anche io. All'università non hai compiti per casa e professori che ti dicono che devi studiare ogni giorno. E soprattutto se sei un fuorisede, non hai neppure i genitori che svolgono la stessa fastidiosa ma tutto sommato utile funzione. In compenso, hai molte più distrazioni... quindi tocca a te gestirti con i ritmi.
E lo studio non è l'unica incombenza che pesa sui poveri studenti. Se vivi in un appartamento, devi andare a fare la spesa e, una volta ogni tanto, ti toccherà anche fare le pulizie. Se fai il pendolare, 
devi calcolare il tempo per arrivare all'università (e se lo fai in treno, aspettati che questi calcoli diventino inutili almeno una volta al mese... Trenitalia non ci ama).
Quindi, per diminuire la quantità di crisi isteriche, nottate in bianco e drammi domestici che attendono l'universitario medio, il modo migliore è rassegnarsi ed imparare a gestirsi in modo un po' più responsabile fin dall'inizio dell'anno. Un po' di studio ogni giorno, tenere in ordine i propri appunti invece di farli accumulare in un cassetto ed aspettare la settimana dell'esame per cercarli, sapere quando devi fare cosa e soprattutto farlo... non ci vuole molto, ma ti può salvare la vita più tardi. "Non fare oggi quello che puoi rimandare a domani" non è un buon motto. Il pigro intelligente fa poco (ma bene) oggi per poter fare meno domani.
In tre giorni?! Ma siamo impazziti?!


- Impara!
E questa è la cosa fondamentale. In un mondo ideale, l'università è un luogo dove giovani ed anche meno giovani possono imparare, seguire i propri interessi e sviluppare le proprie conoscenze e competenze, confrontarsi con altri che condividono queste passioni. Nel caso non lo aveste ancora sospettato, non viviamo in un mondo ideale, ma quasi tutti coloro che ho conosciuto all'università erano lì proprio perché appassionati, curiosi e desiderosi di imparare. Certo, ci sono persone che vanno all'università perché lo sentono come un dovere, perché non sanno che cosa fare e lo considerano un "parcheggio", o solo in previsione del lavoro che vogliono fare tutto. A parte il fatto che al giorno d'oggi se cercate un lavoro sicuro e remunerativo vi conviene fare gli idraulici, una volta che siete lì, tanto vale approfittarne.
E con impara, non intendo solo "studia per passare un esame". Se un argomento ti interessa, questo è il momento migliore per approfondirlo. Le università hanno a disposizione biblioteche e risorse utilissime, ed i professori, se sono bravi e non troppo stressati, sono lì per rispondere alle vostre domande. Lo studio non è qualcosa che dovete patire, ma un'occasione per scoprire qualcosa di nuovo.
Poi, certo, ci sarà sicuramente quel maledetto esame obbligatorio di cui non potrebbe importarvi di meno, ed a cui preferireste un martello su un piede. E probabilmente arriverà il periodo in cui non potrete approfondire nulla, e vi chiederete chi ve l'ha fatto fare. A quel punto, ricordatevi di quello che vi piace e vi incuriosisce, della passione per cui siete lì, stringete i denti ed andate avanti.

- Non si vive per studiare
Andare all'università non implica che dovete abbandonare tutto il resto della vostra vita, dire addio ad amici e famiglia e passare dai tre ai dieci anni in reclusione, meditazione e digiuno. Sì, dovete studiare, ma ricordatevi sempre che la vita non è solo quello. Di solito, nelle città universitarie ci sono associazioni studentesche che organizzano attività interessanti di qualsiasi genere, e ci sono gli eventi organizzati indipendentemente dall'università.
Io ero in una sede distaccata in cui ci lamentavamo più o meno continuamente del fatto che ci fosse poco da fare, e che soprattutto d'inverno tutto fosse “morto”. E nonostante questo, una volta che mi sono data una svegliata ed ho cominciato a guardarmi attorno… ho fatto un corso di pizzica, lezioni di ballo indiano e danze popolari, festival, cineforum. E se ce l'ho fatta io, ce la può fare chiunque.
Quindi, non dimenticatevi lo studio per fare altro, ma non rinchiudetevi neanche solo in mezzo a libri o appunti, cosa che tanto dovrete comunque fare subito prima degli esami. Quando potete, e se vi siete organizzati bene (vedi sopra) potrete di sicuro, fate anche altro. Uscite. Conoscete gente. Allargate i vostri orizzonti, e scoprite qualcosa di nuovo, nuove passioni e nuove sfide. L'università serve anche a quello.

scegline una
Non disperate, non è detto... almeno, non sempre.
 A tutti quelli che stanno per cominciare l'università, per la prima o l'ultima volta che sia, in bocca al lupo!

Clara

venerdì 4 settembre 2015

Stand still Stay silent

E poi boh. Una si ripromette (e vi promette) di aggiornare un po' di più questo blog, poi va a fare uno scavo archeologico e torna praticamente in stato comatoso, poi le regalano finalmente un tablet nuovo in sostituzione del netbook tristemente defunto, ma già deve ricominciare a cercare un appartamento per la laurea magistrale... e, tra una cosa e l'altra, il blog finisce ancora una volta solo soletto nel dimenticatoio.

Sarà andata proprio così o saranno tutte chiacchiere per coprire l'innegabile ed indiscutibile pigrizia di Clara? Ai posteri l'ardua sentenza... ma per aiutare i posteri, sappiate che l'individuo in questione si è letto cinque e-book di Terry Pratchett in due settimane. Calcolate il tempo impiegato, aggiungete quello speso ad occuparsi del suo gatto virtuale ed ad organizzare una vacanza nello Yucatan che non farà mai, e giudicate voi.

Grazie del prezioso contributo, Voce. Tornando a noi, però, qualche settimana fa vi avevo detto che avevo parecchie cose da raccontarvi. Piccole perle scovate su Internet e non... quindi, meglio cominciare a farlo, prima di dimenticarmene.

Non sta scherzando. Non avete idea di cosa sia capace di dimenticarsi questa ragazza.

Comunque... cominciamo con l'ennesimo webcomic. Sì, anche stavolta in inglese. No, non mi sono ancora stancata. Questa volta si tratta di "Stand still, stay silent", una storia post-apocalittica dalle sfumature horror e fantasy scritta e disegnata da Minna Sundberg.
Nel prologo della storia, un'epidemia si diffonde in tutto il mondo, ma è inizialmente presentata come un'innocua influenza. Diversi gruppi di persone, in Islanda, Danimarca, Norvegia, Svezia e Finlandia, si preparano ad affrontare questa ondata influenzale, o rimangono coinvolti dalle precauzioni governative, o semplicemente non se ne curano e si allontanano per puro caso... e poi, come prevedibile, l'influenza si rivela meno innocua del previsto. Ed anche molto meno "naturale".
Novanta anni dopo, il nucleo di sopravvissuti nel nord Europa ha perso da decenni ogni contatto con il resto del mondo, infestato da creature mostruose a cui hanno dato il nome di giganti e troll del folklore scandinavo. Soluzioni drastiche sono state adottate per prevenire il diffondersi della piaga e delle sue conseguenze, e per tentare di recuperare terreno, ma senza grandi risultati. Nel frattempo, tutto ciò che riguarda il passato ed il resto del pianeta è stato dimenticato, se non da pochi, ed anche quello che si sa è avvolto nella leggenda. In compenso, pare che alcune persone abbiano ora poteri magici, il che è assai comodo per una civiltà che lotta per la sopravvivenza.



La storia si concentra a questo punto sui membri di una piccola missione di ricognizione fuori dal mondo conosciuto, un piccolo e piuttosto scalcinato gruppo "internazionale" che discende dai personaggi del prologo. I nostri eroi, scelti in base al famoso criterio del "non abbiamo soldi per permetterci qualcuno che sia competente e sano di mente allo stesso tempo", sono inviati quindi verso sud alla ricerca di risposte su cosa ci sia là fuori (e se con l'occasione trovano qualcosa che consenta alla spedizione di fare qualche soldo, meglio). Troveranno qualcosa? Moriranno tutti tragicamente? O si ammazzeranno a vicenda prima di arrivare?
No, in realtà vanno tutti piuttosto d'accordo, non temete :P





Comunque, questa serie mi ha colpito in modo molto favorevole per alcuni motivi, primo tra tutti il grande talento artistico dell'autrice, soprattutto nella resa dei paesaggi. Le ambientazioni sono sempre stupende, ricche di dettagli, ed al tempo stesso suggeriscono con maestria l'idea del pericolo in agguato tra le rovine della civiltà e la bellezza della natura. Ci sono pagine e pagine in cui non succede nulla di spaventoso, ma il lettore attento può scorgere sagome ed occhi in agguato tra le ombre, o forse peggio ancora, non scorgerli affatto... Ed aspettate di vedere quando il pericolo effettivamente si manifesta in mostri usciti da un incubo terrificante: ho detto "sfumature horror" all'inizio? Diciamo che è più di una sfumatura. Sempre di più.





Detto questo, ci sono anche parecchi momenti umoristici o "dolci", ma anche qui l'autrice si rivela particolarmente abile a rendere nelle espressioni e nei gesti dei personaggi un'atmosfera più rilassata, condensando in poche vignette una carica di simpatia che porta ad affezionarsi ai personaggi. Insomma, l'arte è uno dei motivi principali che mi hanno spinto a questa lettura, e per cui ve lo consiglio. Arrivo a sostenere che tra i vari webcomic che ho recensito finora questo ha probabilmente il mio stile di disegno preferito.

Tranquilli, cambierà idea domani stesso.

Ma torniamo alla storia. Ci sono un paio di cose piuttosto originali che vorrei sottolineare: in primo luogo, la questione delle lingue. Il nostro team internazionale contiene diversi individui che, appunto, parlano lingue diverse. Non una non meglio definita lingua comune che risolve all'istante tutti i problemi di comunicazione, ma ci sono effettivamente delle difficoltà linguistiche, la necessità di un personaggio che funga da traduttore. Non preoccupatevi, per noi i testi sono in inglese, con delle bandierine che ci aiutino a capire in cosa stiano parlando... è anche l'occasione buona per imparare le bandiere dei paesi scandinavi, visto che vi propongo sempre letture istruttive?

No comment.

Questo fatto mi ha colpita, visto che si tratta di una questione di solito sorvolata. Un altro fatto interessante è la lunghezza del prologo, che non si limita ad un rapido "è successo questo e questo, ora passiamo ai nostri eroi". Come dicevo prima, c'è una paziente costruzione, che ci presenta diversi personaggi e le loro vite, e come siano arrivati a salvarsi dalla carastrofe di cui, all'inizio, sono totalmente ignari. Anzi, se c'è una cosa che mi dispiace è che questi personaggi spariscano dopo il prologo, perché in poche pagine ero riuscita ad affezionarmi a loro! Lunga e meticolosa è anche la preparazione che porta alla presentazione della squadra e della missione. Questa attesa prima di arrivare alla parte "centrale" potrebbe scoraggiare i lettori più impazienti, ma personalmente l'ho trovata un ottimo modo per creare e mostrare un mondo che è assai più largo della sola trama principale. Comunque, se proprio avete fretta, potete sempre saltare i primi volumi... ma peggio per voi.

Come sospettate tutti, Clara aveva effettivamente saltato i primi volumi cominciando a leggere da una pagina a caso, per poi ricominciare dall'inizio. Sappiamo tutti che è pessima, no?

Insomma, in breve: se siete persone pazienti a cui piacciono gli horror post-apocalittici con sfumature fantasy, un po' (tanto) di umorismo, ed un eccellente stile di disegno, "Stand still. Stay silent" è una lettura perfetta per voi. Buona lettura!


Clara