venerdì 29 agosto 2014

10 consigli per esplorare una città

Avete presente quel famoso proverbio "tra il dire ed il fare c'è di mezzo il mare"? Bene, è stato appena aggiornato con la nuova versione "tra il promettere una marea di post e lo scrivere tali post c'è di mezzo un videogioco punta-e-clicca riesumato da un armadio, e capace di dare assuefazione entro dieci minuti, soprattutto se ti chiami Clara".

Ti dirò, la versione originale mi pare vagamente più efficace.

E da quando in questo blog si valuta l'efficacia delle cose?

Guardate che sono qui a scrivere, ammesso che voi due smettiate con i siparietti e mi permettiate di farlo.

Guarda che siamo nella tua testa, quindi i siparietti sono colpa tua.

Okay, allora la mia testa ora chiude i siparietti e comincia sul serio.

Speriamo.

Era ora.

Ah-ehm. Carissimi lettori, come quei due fedifraghi abusivi hanno già annunciato, ho passato gli ultimi giorni immersa in un giochino del computer su cui forse farò un post in seguito, ma forse no. Nel frattempo, però, visto che, almeno dove vivo io, il sole si è deciso a farsi vedere, ho pensato che non vorrete rimanere imbucati in casa, giusto?

Noi in realtà siamo appena tornati dalle vacanze.

Così, ho deciso di dedicare un post ad un'altra delle mie attività preferite: l'esplorazione di città sconosciute!

E poi si lamenta quando le chiedono se fa come Indiana Jones.

Stavolta non sto parlando di archeologia, okay? Stavolta sto semplicemente parlando di uscire in strada e mettersi a girare per le vie di un centro urbano. Può essere una città in cui vi recate per la prima volta a centinaia di chilometri da casa, può essere la città a venti chilometri dal vostro paesino che proprio per quello avete snobbato, preferendo altre destinazioni, può anche essere la città in cui vivete ma che continua a rivelarvi nuovi, preziosi dettagli.

Può essere la città dove siete caduti attraverso un buco dimensionale.

Insomma, non importa dove. Il punto è che una mattina, o un pomeriggio, si decide di giocare ai piccoli esploratori, solo che al posto della giungla ci sono palazzi, piazze e negozi.

 La fauna, in molti casi, non varia molto.

Ma non potete portare il fucile da caccia grossa.

No, non potete portare il fucile da caccia. Ma per sopravvivere alla vostra intrepida esplorazione nella giungla urbana, ecco in prima visione assoluta i consigli di Clara!

1. Indossate le scarpe adatte!
Banale? Probabilmente. Inutile? Di sicuro no, soprattutto non dopo aver assistito alla crudele agonia di un'amica che cercava di girarsi Venezia in tacchi alti. Un paio di scarpe da ginnastica sono le migliori amiche dell'esploratore urbano. D'estate vanno bene anche i sandali, l'importante è che abbiano una suola robusta e che ve li sentiate comodi addosso. Se avete in programma qualche giorno di turismo intensivo (esempio: vacanza a Roma) è utile testare prima le scarpe o i sandali con un giretto di collaudo. Considerate che molte città hanno pavimentazioni in basolato o, purtroppo, marciapiedi dissestati... quindi, a costo di essere ripetitiva, le suole troppo sottili sono da evitare.

2. Fate attenzione al clima!
Si preannuncia una giornata di torrido solleone, o nuvoloni oscuri si ammassano all'orizzonte? Cosa dice il meteo? Tenete presente che siete in una città, quindi è assai probabile che ci siano attività che potete svolgere al coperto, ad esempio qualche museo. Rimandare l'esplorazione, a volte, può essere una scelta più saggia di ritrovarsi le vacanze rovinate da un colpo di calore o, se siete esploratori invernali, da un'influenza.

3. Acqua!
Va bene, siete in città, quindi non ci vuole niente a trovare un supermercato o un bar... giusto? Non sempre, cari esploratori, non sempre. A seconda del giorno e della zona della città in cui vi trovate, la situazione può farsi complicata. Per questo suggerisco di portarvi dietro almeno una bottiglietta d'acqua, soprattutto quando fa caldo. Tra l'altro, in molte grandi città i prezzi sono piuttosto elevati, quindi avere già l'acqua dietro è un buon risparmio.

4. Cibo!
Una soluzione d'emergenza di grande efficacia è data dalle bustine di zucchero, che potete procurarvi in qualsiasi bar insieme al caffè del mattino. Se sentite un calo di forze improvviso, una dose di zuccheri può restituirvi abbastanza energie da riprendervi, arrivare in un posto tranquillo e consumare qualcosa di sostanzioso. Se avete uno zainetto o una borsa grossa, potete andare oltre e portarvi anche merenda e pranzo al sacco. Si risparmia rispetto ad andare in un bar, ma ovviamente è più scomodo per girare.

5. Procuratevi una cartina!
Questa vale soprattutto per le grandi città, ed in modo particolare se è la prima volta che le visitate. Ho provato a girare sia con sia senza cartina, e la differenza è abissale. Soprattutto al momento del ritorno, quando sarete stanchi ed affamati, sapere dove siete e dove dovete arrivare può fare la differenza tra un'esplorazione vittoriosa ed una crisi di nervi.
La cartina non deve necessariamente essere cartacea, un cellulare con GPS o una app può svolgere la stessa funzione. Personalmente, tuttavia, sono ancora sensibile al fascino della mappa "vecchio stile", da accarezzare con la punta delle dita alla ricerca dell'incrocio giusto, per poi vedere cosa c'è nei dintorni.

6. Lasciatevi guidare dall'istinto!
La cartina di cui al punto sopra? Ogni tanto chiudetela. Una delle cose più belle dell'esplorazione urbana è seguire la propria ispirazione. Molte città possiedono angoli meravigliosi che però non sono segnati nelle guide turistiche: piccole chiese antiche, giardini, case, scorci panoramici... lasciate che siano i vostri occhi a guidarvi nella direzione che sembra più interessante!

7. Chiedete agli esperti!
La cosa migliore è avere un amico che vive proprio nella città meta della vostra esplorazione, e che ha un pomeriggio libero per accompagnarvi a visitarla. In mancanza di quello, c'è sempre la possibilità di chiedere agli "indigeni". Certo, è possibile che sostengano spudoratamente di non essere di lì anche se è evidente il contrario, o che vi capiti il tipo con seri problemi a dare indicazioni comprensibili. Ma è anche possibile, ed anzi a me capita più spesso, trovare persone gentili e disponibili, che si fanno in quattro per darvi suggerimenti.

8. Informatevi sui mezzi pubblici!
Anche se l'idea alla base di questo post è quella di scoprire una città a piedi, le dimensioni di molti centri urbani rendono necessario un compromesso. La buona volontà ad un certo punto può cedere, o semplicemente i quartieri che vi interessano sono distanti gli uni dagli altri. Quindi, prima di cominciare, cercate qualche informazione essenziale sui servizi come autobus, tram o metropolitana. Molte linee offrono la possibilità di un biglietto giornaliero, vi conviene valutarne la convenienza.

9. Non correte rischi inutili!
Soprattutto se girate da sole, e (purtroppo bisogna dirlo) soprattutto se siete donne. Cercate di tornare prima che faccia buio, o almeno di rimanere in un luogo illuminato. Se la zona in cui siete capitate vi mette a disagio, tornate indietro. Per tutti, è sempre valido il consiglio di fare attenzione alla borsa/zaino/qualsiasi cosa abbiate.

10. Documentate la vostra esplorazione!
Macchina fotografica o cellulare, al giorno d'oggi è facilissimo fotografare gli angoli più affascinanti che riuscirete a scoprire. In futuro, sarà bellissimo riguardare quelle immagini ed immergervi nelle sensazioni che avete provato scattandole. Ma perché non fare un passo oltre, e scrivere un vero e proprio diario di viaggio? Mettere il vostro itinerario e le vostre scoperte su carta è il modo più affascinante per riviverle!

Poi aprite un blog e pubblicate le vostre passeggiate spacciandole per un post attentamente meditato.

Ogni riferimento a persone di nome Clara realmente esistenti è puramente voluto.

Beh, questo è un altro vantaggio dell'esplorare una città: poter condividere con gli altri quello che avete visto e vissuto. E magari convincere qualcun altro a lasciar perdere l'automobile e dare una possibilità a quegli angoli nascosti che si possono scoprire solo a piedi.
Allora, cosa ne pensate? Avete qualcosa da aggiungere?

Clara


sabato 23 agosto 2014

Fahrenheit 451

La cosa incredibile è che sono mesi che avevo intenzione di parlare di questo libro, ma tra una cosa e l'altra ho sempre rimandato. In realtà, trovo molto difficile parlare di qualcosa su cui è stato scritto di tutto e di più, su cui moltissimi hanno già dato la propria interpretazione. Chi sono io per aggiungere qualcosa? Anzi, ho sul serio qualcosa da aggiungere, o semplicemente mi limiterò a ripetere cose già dette? Non lo so. Non posso saperlo. Ma, nel mio piccolo, mi sento in dovere di restituire in qualche modo una piccola parte di quello che Bradbury mi ha dato, e quindi eccomi qui.
"Fahrenheit 451" è un romanzo di genere distopico scritto da Ray Bradbury, di cui a suo tempo avevo già recensito "Cronache marziane". Fu pubblicato negli anni '50, e se volete anche una piccola curiosità questa prima pubblicazione a puntate avvenne sulla rivista Playboy.
La storia si svolge in un "futuro" che esaspera alcune caratteristiche del presente, caratteristiche che i decenni passati dalla pubblicazione non hanno affatto reso anacronistiche, ma anzi a volte ancora più reali, in modo sottilmente inquietante. E così, in questa società, i libri sono proibiti, ed i vigili del fuoco hanno il compito di bruciarli, per difendere la popolazione dalla confusione e dal turbamento che quelle inutili, contraddittorie, difficili parole scritte provocano. In fondo, sono tutti più felici sfrecciando a velocità folle per le immense autostrade, o avvolti dal rumore delle Pareti televisive che trasmettono continuamente storie senza trama o complessità. Perché qualcuno dovrebbe desiderare quei pezzi di carta che avvelenano la mente e costringono addirittura a pensare?
Guy Montag, il protagonista, è un vigile del fuoco. Svolge il suo lavoro da anni con precisione e passione, senza mettere in dubbio il suo dovere, o il piacere che prova nel vedere le fiamme che si innalzano e divorano tutto. Poi, le cose cambiano. Cambiano quando inizia ad interessarsi a quel pericoloso combustibile per cui una donna è disposta a morire, e sottrae di nascosto uno dei libri che dovrebbe bruciare. Cambiano quando incontra la giovane Clarisse McClellan, ragazza "pazza" che ama camminare, che parla dei fiori e della luna, e che invece di guardare la televisione parla con la sua famiglia. Cambiano quando torna a casa e trova la moglie Mildred in overdose, a rischio della vita. Un frammento dopo l'altro, Montag inizia a porsi delle domande, a mettere in dubbio il suo lavoro e la sua vita. Ma questo processo, questa presa di coscienza, lo porterà a rischiare tutto quello che ha. Nel frattempo, lontano dai pensieri di un popolo assuefatto alla comodità ed all'ignoranza, la guerra sta arrivando...
Perché questo romanzo mi ha colpito così tanto? Non so se sono in grado di spiegarlo con esattezza. Innanzitutto, si parla di libri. Di libri proibiti e distrutti. Questa semplice informazione mi aveva colpita già molto prima di iniziare a leggerlo, la prima volta che ne avevo sentito parlare. Io soffro di una sorta di dipendenza ossessivo-compulsiva dai libri, e la semplice idea di un mondo senza carta tra le mani, senza parole scritte a danzare davanti agli occhi, mi risultava angosciante. Così, per tutto il tempo che è trascorso dalla prima volta che ne ho sentito parlare alla prima volta che l'ho letto, Fahrenheit è stato per me "la storia dove i libri sono proibiti".
Poi l'ho letto, ed è molto di più. Il rogo dei libri è, proprio come è nella realtà in cui viviamo noi, un sintomo di un malessere più profondo, solo la punta dell'iceberg di una società che ha perso il valore della cultura, sostituendolo con chiacchiere vuote, rumore e frenesia. "Non sono i libri che vi mancano, ma alcune delle cose che un tempo erano nei libri. (...) Non c'è nulla di magico, nei libri; la magia sta solo in ciò che essi dicono, nel modo in cui hanno cucito le pezze dell'Universo per mettere insieme così un mantello di cui rivestirci", così riassume Faber, uno dei personaggi principali che per Montag svolgerà una funzione di aiutante e mentore.
Uno degli aspetti più illuminanti ed angoscianti, come già accennavo, è il fatto che decenni dopo essere stato scritto questo libro si adatti così bene alla realtà contemporanea. Il tentativo di soffocare la noia ed il vuoto interiore sfrecciando a centinaia di chilometri all'ora su macchine sempre più potenti è qualcosa che si rispecchia tristemente nella cronaca dei nostri giornali. Al tempo stesso, la fiducia cieca nelle trasmissioni televisive, l'accettazione acritica e senza pensiero, l'incapacità di concentrarsi su qualcosa per il tempo sufficiente a capirla... io stessa mi rendo conto, spesso, di quanto la mia visione del mondo sia manipolata e facile da manipolare. Accettare passivamente il notiziario, o quello che si legge su un social network, è molto più semplice che approfondire quell'informazione, cercare un'opinione alternativa, risalire alla fonte. E spegnere il cervello è ancora più facile, lasciando che tutto quello che non ci riguarda direttamente scivoli via tra una pubblicità ed una canzone. Divertirsi è più facile che pensare, molto più facile. No, non è decisamente difficile immaginare il mondo che Bradbury ci propone, e questo, credo, è uno dei più grandi punti di forza del libro.
Un altro punto di forza è lo stile. Bradbury, come già avevo sottolineato per "Cronache marziane", è capace di una prosa elegante e scorrevole, fiorita di metafore che trasfigurano gli eventi e li tingono a tratti di un'atmosfera fiabesca, rivelando con efficacia lo stato d'animo dei personaggi e la loro rinnovata visione del mondo. Personalmente, amo il suo modo di scrivere, uno stile che non cede alla crudezza prosaica della realtà che racconta. Già nel paragrafo iniziale, colpisce come un pugno il contrasto tra la raffinata astrazione del linguaggio e l'orribile rogo di libri raccontato.
Per finire, ho amato molto il personaggio di Clarisse McClellan, entrata a pieno diritto nella lista delle donne inesistenti che vorrei come migliori amiche. La sua freschezza, ed al tempo stesso la profonda saggezza che viene da uno sguardo sul mondo più profondo ed attento, la sua disponibilità ad aprirsi ed a condividere la sua visione con chiunque sia disponibile ad accoglierla. Clarisse svolge una funzione di innesco della trama, mettendo in moto per la prima volta dopo tanto tempo i pensieri di Montag, e proprio per questo "esiste" ai nostri occhi solo attraverso la sua prospettiva. Eppure lei è così viva, la sua figura così netta rispetto al mondo circostante, che per me è uno dei personaggi più memorabili del libro.
Un altro personaggio indimenticabile è quello che potremmo definire "l'antagonista", il capitano Beatty, il superiore di Montag. Beatty non è un ignorante, non brucia i libri per impulso o per cattiveria. E' profondamente istruito, ed è con assoluta lucidità che esprime le sue convinzioni: l'umanità è più felice senza i libri, senza dover pensare, senza eruditi che facciano sentire agli altri l'inferiorità dell'ignoranza. In questa sua capacità di spiegare le proprie azioni e dare un senso logico alla creazione di una società distopica come quella descritta, e nello sforzo quasi affettuoso di farla comprendere al protagonista, è l'equivalente di O'Brien in 1984. Dicono che un libro vada misurato dall'antagonista: ebbene, Beatty non è esattamente l'antagonista, visto che questo ruolo spetta piuttosto alla società ed alla mentalità che Montag cerca di abbandonare, ma è quanto si avvicina di più a questo ruolo, ed è un grande personaggio.
In definitiva, se non avete ancora letto questo classico, vi esorto vivamente a farlo. La storia è affascinante, la lettura scorrevole, gli spunti di riflessione innumerevoli. E soprattutto, se vi piace leggere, non potrete fare a meno di sentire un brivido di inquietudine. E se bruciassero i vostri, di libri, che cosa fareste?

Clara


giovedì 21 agosto 2014

Chronicles of the Grim Peddler

Come promesso, ho anche qualche nuovo manga, rigorosamente sconosciuto al resto del mondo, per allietare le giornate degli appassionati.

E per far chiedere agli altri dove trovi tanto tempo da perdere.

Grazie, Voce. Come stavo dicendo, inizio con "Le cronache del tristo venditore", che in realtà è un manhwa, ossia fumetto coreano, ma pazienza...

... già, pazienza, tanto ormai sappiamo che la geografia è solo una delle cose con cui Clara ha gravi problemi.

Si tratta di una serie di racconti brevi collegati tra loro proprio dalla figura del misterioso Venditore, un personaggio ambiguo che offre ai personaggi delle fiabe quello che desiderano: in particolare, i "semi" da cui nascono le splendide principesse. Le fiabe sono quelle che tutti noi conosciamo: Biancaneve, Hansel e Gretel, Il principe ranocchio, La bella addormentata, Cappuccetto Rosso, La sirenetta, Il gatto con gli stivali. I finali sono completamente diversi, e non tutti arrivano al loro "e vissero tutti felici e contenti"... anzi, spesso accade il contrario. Le storie assumono spesso una piega cupa, a tratti sanguinosa, assai più vicina agli originali che alle versioni Disney, e pronta a deliziare gli amanti del genere dark e dei colpi di scena imprevisti. Ma non tutti sono destinati a finire male, in alcuni casi il lieto fine c'è davvero, benché diverso da quello nell'originale.
Neppure i personaggi sono quelli che ricordiamo dalla nostra infanzia - i buoni diventano cattivi, gli aguzzini vittime, si rivelano segreti inaspettati ed i colpi di scena si susseguono. In almeno un caso, a differenza degli originali, la storia assume anche una sfumatura yaoi... ovviamente, non vi rivelerò in quale ;)
Le reinterpretazioni in chiave dark delle fiabe sono in realtà ormai un genere piuttosto diffuso. Questo manga spicca per il legame tra le storie creato proprio dalla figura del Venditore, su cui non ci vengono però date molte informazioni, e del gatto/umano/quello che è che lo accompagna, su cui invece scopriamo qualcosa di più nel "Gatto con gli stivali", ma evito gli spoiler.

Dire che alla fine della recensione consiglierai a tutti gli appassionati del genere di leggere questo manga conta come spoiler?

No, quello conta solo come ovvietà.

Peccato, avevo voglia di fare uno spoiler.

Come stavo dicendo, un'altra caratteristica che ho apprezzato di questo manga è lo stile del disegno, raffinato ed adatto all'atmosfera fiabesca, sottilmente gotica, delle trame e dei personaggi. Questi ultimi sono disegnati in genere con proporzioni slanciate e sottili, le femmine con tratti quasi da bambola, gli uomini con lineamenti aggraziati. In generale, lo stile pare più rivolto all'apprezzamento di un pubblico femminile, ma questo non impedisce anche all'altra metà dei lettori di goderne.
I personaggi ovviamente cambiano ad ogni storia, e non c'è quindi molto spazio per approfondirli, ma appaiono ugualmente dotati di una propria personalità, spesso assai diversa da quella che ci si aspetta. Come ho già ripetuto diverse volte, questa serie ha una forte componente dark, quindi scordatevi i principi, le principesse, e tutti coloro che ricordavate. Personaggi oscuri e tormentati, altri spietati, nessuno prevedibile. Il Venditore, con il suo umorismo macabro e la sua tranquillità, risulta affascinante ed ambiguo, lasciandoti con il desiderio di sapere chi sia e cosa stia facendo davvero questa misteriosa figura.
L'unica pecca è proprio, a mio parere, il mancato approfondimento del legame tra le varie storie e della figura principale, che spesso si limita ad una comparsa, ma più che di una pecca si può parlare di una mia curiosità insoddisfatta. Comunque, dal momento che non ho ancora potuto leggere il mahnwa fino in fondo, non perdo le speranze di avere le mie risposte. E naturalmente, come vale per la maggior parte dei lavori che recensisco in questa sezione, lasciate ogni speranza di trovarlo in italiano... pubblicazione in inglese o scan online sono le vostre uniche scelte.

Non l'avrei mai sospettato. Non è come se tu vada appositamente a cercare i titoli più sconosciuti ed oscuri solo per la sottile soddisfazione di essere l'unica a conoscerli, intendiamoci.

Credevo che lo facesse perché così nessuno può contraddire le sue recensioni.

In realtà lo faccio perché ho gusti strani.

Anche su questo non c'era dubbio.

Insomma, se vi piacciono le fiabe dark, questo fumetto fa decisamente per voi. Non lasciatevelo scappare!


Clara







martedì 19 agosto 2014

Quando dio era un coniglio

Tra le varie letture che mi hanno accompagnata in queste ultime, impegnative settimane, comincio le recensioni promesse con "Quando dio era un coniglio", romanzo d'esordio dell'autrice inglese Sarah Winman.
Si tratta di uno spaccato di vita familiare, un ritratto che oscilla tra umorismo e malinconia, tra la prosa della vita quotidiana e la poesia variopinta ed un po' onirica data dalla diversità dei personaggi. La protagonista, Elly, è una bambina nell'Inghilterra degli anni Settanta, e poi una donna matura all'inizio del Duemila. Da bambina inizia a scoprire il mondo intorno a lei, le cose belle, come la sua amica Jenny Penny ed il suo coniglietto, appunto Dio, e quelle meno belle, come le "attenzioni" di un vicino di casa o la difficile situazione familiare di Jenny. Attraverso gli occhi della piccola Elly impariamo a conoscere la sua famiglia un po' diversa dalle altre, ma al tempo stesso identica a qualsiasi altra famiglia nei piccoli problemi quotidiani. Soprattutto si delinea il rapporto profondo con il fratello maggiore Joe, un altro dei personaggi principali del libro.
Gli anni passano, la famiglia trasloca ed apre un bed and breakfast, e nuovi personaggi si aggiungono al colorato "nido" di Elly, mentre altri svaniscono, fino alla seconda parte della storia che vede una protagonista ormai adulta alle soglie degli anni Duemila. Ed è proprio l'11 settembre 2001 che la sua vita cambia ancora una volta, quando Joe scompare inghiottito come tanti altri dal crollo delle Torri Gemelle...



Ammetto che questo libro, ad una prima lettura, non mi aveva convinto del tutto. Alcuni passaggi mi erano sembrati affrettati, alcuni elementi poco chiari, avrei voluto che approfondisse altri personaggi e così via. Ad una seconda lettura, tuttavia, l'ho apprezzato molto di più. L'autrice riesce a coniugare temi delicati e maturi con una leggerezza scorrevole, ed a tratti inserisce episodi inspiegabili, quasi magici, ma di quella magia che ciascuno può trovare svoltando l'angolo. C'è spesso un'atmosfera sospesa tra sogno e realtà, perché proprio come nella vita, questa storia non spiega il trucco. Al tempo stesso, c'è tutto il realismo della Storia, dai grandi cambiamenti degli anni Sessanta al 2001 che è stato un punto di svolta per il nostro presente, e del modo in cui questa Storia con la maiuscola si intreccia, nel bene e nel male, con le storie dei personaggi.
Questo è un romanzo di amore fraterno e di amicizia - il primo tra Elly e Joe, un legame messo a dura prova dagli eventi, la seconda tra Elly e Jenny, anche questa difficile, persa e poi ritrovata. Ma intorno a questi due temi fondamentali si muovono anche le storie degli altri personaggi, a cominciare proprio dalla storia d'amore dello stesso Joe con l'amico Charlie. E poi c'è la zia Nancy, attrice e ventata d'allegria in famiglia, e c'è Arthur, anziano ospite fisso del loro bed and breakfast che scrive memorie di avventura e spionaggio e sostiene di sapere esattamente quando e come morirà. Proprio in questi personaggi secondari si trova quella ventata di originalità, umorismo e freschezza che ha portato il New York Times a definirlo "un romanzo meraviglioso, dark e comico".
Per quanto riguarda lo stile, come ho già accennato, è molto scorrevole, con dialoghi rapidi ed excursus che in un paragrafo riassumono una vita intera. Forse proprio per questo a volte avrei preferito che ci si soffermasse di più su alcuni dettagli, sull'approfondimento di situazioni e sentimenti, ma in fondo questo è un giudizio che dipende esclusivamente dai gusti di ciascun lettore. E poi, per uno spaccato di vita, è giusto che qualcosa rimanga velato, perché alla fine la realtà non dà mai tutte le risposte o il tempo per esporle. Sono alcuni frammenti, i più significativi, della vita di Elly che ci vengono esposti, in modo accattivante ed a tratti comico, in altri momenti con tutta la tristezza di una perdita o di un abbandono.
E tra abbandoni e ritrovamenti, Storia e magia, amicizia e sesso, si arriva all'ultima pagina. La storia si conclude, ma la vita di Elly continua... continua ma, per parafrasare una delle frasi ricorrenti, "non è più tua". Al lettore rimane tutto il piacere dolce-amaro di una lettura fresca ed originale, che personalmente vi consiglio.
Arrivederci a presto,

Clara

domenica 17 agosto 2014

Scavi, scrittura, scuse e scleri...

Scommetto che ora ti senti tanto geniale per questo titolo a base di allitterazioni, vero Clara? Te ne propongo uno io... patetica e pigra procrastinatrice per passione.

Va bene, grazie tante per la collaborazione e per il sostegno. Stavo cercando di riassumere in poche parole il contenuto di questo post, ma mi sono resa conto che non c'è un contenuto preciso... da cui lo "scleri" nel titolo. Semplicemente, mi sono resa conto che erano tre settimane che il blog giaceva abbandonato, e che bisogna che io mi rimetta al lavoro.

Lavoro presupporrebbe che qualcuno ti pagasse per farlo. O per smettere di farlo.

O per smettere di fingere di farlo quando in realtà stai cercando meme sui tuoi fandom preferiti. Beccata anche stavolta, eh?

Io non so davvero più quale sia il punto di questi dialoghi interni.

Il punto è far raggiungere ai tuoi post una lunghezza decente, lo sappiamo tutti.

Quello, e noi siamo troppo simpatici per cacciarci via.

Appunto.

Appunto un cavolo, ma lasciamo perdere. Stavo dicendo che questo blog è rimasto totalmente abbandonato senza alcuna spiegazione, e quindi devo delle scuse ai lettori. Purtroppo tra scavi archeologici, tra cui uno con preavviso di tre giorni, e vacanze in famiglia, di cui vi racconterò a tempo debito, il tempo è davvero volato.

Aggiungiamo pure che si sta guardando tutto Supernatural, telefilm da nove stagioni di venti puntate ciascuna, e capirete che le scuse sono, per l'appunto, solo scuse. Affascinante ambivalenza di significato della lingua italiana.

Poteva mettere anche Supernatural nel titolo, visto che inizia con la S, ma a quel punto sarebbe venuto troppo lungo. E troppo rivelatore delle tue vere ragioni.

Va bene, grazie per l'intervento... effettivamente sto guardando questo telefilm, e mi sta appassionando molto, ma da questo momento in poi il blog tornerà ad essere una delle mie priorità. Anche perché in queste tre settimane ho avuto almeno una decina di idee per post, alcune delle quali sono in realtà idee che ho avuto da parecchi mesi ma sempre dimenticato. Ho libri, film e manga da recensire, viaggi da raccontare, e nuovi angoli inesplorati del mare di Internet verso cui indirizzarvi. Inoltre ho pensato di fare una serie di post a tema archeologico, una sorta di piccola e divertente "Guida alla vita dello studente di archeologia" condita di suggerimenti ed aneddoti personali.

Primo suggerimento: non diventate studenti di archeologia.

Secondo suggerimento: impedite ai vostri amici e parenti di diventare studenti di archeologia.

Oggi siete proprio ispirati voi due, vero?

Ehi, siamo appena tornati dalle vacanze! Dobbiamo recuperare il tempo perduto. Ammettilo, ti siamo mancati.

Ma anche no.

Le siamo mancati.

Lasciamo perdere e vediamo di concludere questo post con l'ultimo motivo per cui non ho aggiornato, che è anche uno dei punti del titolo. Ossia, scrittura... o meglio, revisione della mia scrittura. Vi ricordate che lo scorso novembre avevo deciso di partecipare al Nanowrimo, e che avevo iniziato un romanzo di fantascienza... romanzo che avevo effettivamente terminato a febbraio, cosa di cui vi avevo fatto partecipi qui. Bene, dopo qualche mese di pausa e di altri progetti, ed accidentalmente anche di esami universitari...

... e mica tanto accidentalmente anche di colossali perdite di tempo...

... insomma, mi sono rimessa al lavoro su quel libro, dal titolo provvisorio "Epsilon-12". Ora ho finito la prima revisione e, incredibile ma vero, ne sono rimasta quasi soddisfatta. Certo, mi sono accorta di centinaia di piccoli errori di ortografia, per non parlare dei problemini di coerenza interna dovuti a personaggi che si trovavano in due posti contemporaneamente o a scene che mi ero semplicemente dimenticata di scrivere. Ho scoperto che il mio grosso problema, nella revisione, è che mi affeziono ad ogni singola parola, ed ad ogni singolo momento, cosa davvero pessima quando il punto principale è tagliare il superfluo. Ma dopo una dura lotta contro me stessa, posso dire che l'opera è già più leggibile di prima.
Spinta dalla soddisfazione per questo risultato, mi sono anche messa a ripescare dai meandri delle mie chiavette alcune storie iniziate e mai terminate, ed ho ritrovato il mio primissimo romanzo fantasy, opera incompleta delle mie scuole medie ed inizio liceo. Indovinate cosa ho fatto?

Lo hai mostrato alla tua psicologa per dimostrarle che i tuoi problemi hanno radici già in quegli anni?

Ovviamente, ho cominciato a revisionare anche quello. E, a parte realizzare che la mia tendenza a dotare ogni mostro cattivo di tentacoli risale già a quell'epoca lontana, devo dire che l'esperienza è fantastica e molto istruttiva. Mi rendo conto dell'evoluzione nel mio stile, e soprattutto nella mia capacità critica. Inoltre, rileggere e riscrivere quei personaggi è un po' come ritrovare dei figli perduti... insomma, tra un attacco di nostalgia ed una crisi di autocritica, ora ho deciso che risistemerò e finirò anche quel romanzo, dal titolo provvisorio "Lorenin", ossia la terra fantastica in cui la storia è ambientata.

E perché esattamente dovrebbe importarci di questo?

Si sta prendendo avanti con le scuse per la prossima carenza di post. In realtà sappiamo tutti che è dovuta alla terribile maledizione nota come "streaming".

In realtà mi sto prendendo avanti perché ho deciso che, tra una cosa e l'altra, parlerò pure di scrittura... o meglio, di quello che per me è la scrittura, visto che questo è un argomento su cui c'è gente molto più ferrata di me a dare consigli.
Detto questo, il post di riapertura ufficiale si conclude. Carissimi lettori, appuntamento ai prossimi giorni per il primo di una luuuuuuunga serie di post!


Clara


PS:Chi si presenterà vincerà un biscotto virtuale invisibile ed impercettibile.

Come premio di sopportazione, ci terrei a precisare.