venerdì 28 febbraio 2014

In Grecia: Nauplia


Come promesso, ecco una delle ultime tappe del mio viaggio in Grecia che non era ancora approdata su questo blog. Questa volta, le fotografie vi mostreranno l'affascinante cittadina di Nauplia, o Nafplion, una destinazione un po' diversa dalle altre. Non troverete infatti testimonianze di età classica, templi o siti archeologici, bensì le tracce di un passato un po' più vicino a noi.
Nauplia fu infatti per molti anni un baluardo della presenza veneziana in Grecia, in posizione strategica per il controllo delle isole dell'Egeo. Dal Trecento al Cinquecento fu in mano alla Repubblica di Venezia, che se la vide poi strappare dagli ottomani. Fu precariamente riconquistata nel 1686 e tornò ad essere un possedimento veneziano fino al 1715, quando passò definitivamente sotto la sovranità turca. Fu proprio Nauplia, nel 1829, ad essere proclamata prima capitale della Grecia proclamatasi indipendente, dal momento che Atene era ancora in mano ai turchi. E sempre a Nauplia, nel 1831, fu assassinato il primo leader del neonato stato greco, Giovanni Capodistria.
La meta è insomma interessante per il suo valore storico, attestato dalla presenza delle fortificazioni costruite nell'ultima fase del dominio veneziano. Oppure, è semplicemente una splendida cittadina in riva al mare, tranquilla e ridente, con le sue strette vie che si inerpicano in salita trasformandosi in scalinate, compiendo bruschi angoli o interrompendosi di netto, costringendo il turista sprovveduto (leggi: Clara) a tornare sui suoi passi e cercare un'altra via. I balconi fioriti di bouganvillea incorniciano squarci di cielo azzurro e mare ancora più azzurro, ma basta girare la testa per vedere la maestosa mole del pendio su cui si erge la fortezza Palamidi. Incastonate nel tessuto urbano, diverse chiesette ortodosse si mostrano con un sobrio, chiarissimo esterno, racchiudendo come scrigni i loro tesori di ori ed icone.
Insomma, se volete vedere un aspetto della Grecia forse meno "apprezzato" dei grandi siti classici ed ellenistici, ma ugualmente affascinante e culturale, Nauplia è una città da tenere in considerazione. E terminate le raccomandazioni, vi lascio a qualche immagine. Visto che ormai il sole sta tornando anche da noi, non sono più così dolorose da osservare come nel grigio inverno, no?














Clara

mercoledì 26 febbraio 2014

To aru Majutsu no Index - Seconda stagione




Tecnicamente, questo post è un po' in ritardo, visto che ho finito la seconda stagione dell'anime già recensito qui qualche tempo fa. Ma soprassediamo su questi dettagli, e concentriamoci sull'argomento.
Premetto innanzitutto che, se volete guardare i ventiquattro episodi che costituiscono la seconda stagione, dovete aver visto la prima. In caso contrario, la maggior parte dei personaggi vi risulterà sconosciuta, ed avrete qualche difficoltà a seguire la storia. Se avete già visto la prima stagione, invece, vi consiglio assai caldamente di guardare anche la seconda.
Alcune delle critiche che avevo mosso alla stagione precedente riguardavano la presenza di differenti sotto-trame scollegate tra loro, e la "scomparsa" di alcuni personaggi, che avevo definito come una potenzialità sprecata. Dopo aver concluso anche questa serie, mi vedo costretta ad aggiustare il tiro, ed è proprio per questo che ora suggerisco di guardarle entrambe di seguito, per avere un'idea complessiva.
La trama riprende da dove ci eravamo lasciati. Il protagonista, Kamijou Touma, continua a vivere con la giovane suora Index ed a lamentarsi della sua sfortuna, oltre a dover salvare se stesso e tutti coloro che gli stanno intorno da minacce soprannaturali che, ancora una volta, vengono sia dal lato della magia che da quello della scienza. Rispetto alla prima stagione, si fa molto più forte la dimensione del conflitto tra i due diversi modi d'essere, in uno stato di crescente tensione che suggerisce come le conseguenze di quello che accade a Gakuen Toshi, la città accademica che è fulcro del mondo scientifico, siano fondamentali per il mondo intero.
Per quanto riguarda quello che ho definito il lato della magia, devo precisare che si tratta più che altro di diverse fazioni, che hanno in comune il ricorso a pratiche magiche. La maggior parte di esse corrisponde, nel nome più che altro, a gruppi religiosi attualmente esistenti, troviamo quindi la Chiesa Anglicana, la Chiesa Cattolica, e così via. Specifico ovviamente "nel nome" perché in base alle mie conoscenze il Vaticano non ha un esercito di suore ninja, ma potrei sempre sbagliarmi.



Ancora una volta, come nella prima stagione, la trama si divide in diversi archi narrativi, che però in questi episodi appaiono meno chiusi e molto più in sintonia tra loro, con il risultato che il ritmo è assai più fluido. Personaggi che nella prima stagione avevano fatto poco più di una comparsa tornano a farsi vivi, insieme ad una notevole quantità di nuove figure. Ancora una volta, To aru Majutsu no Index spicca per la massa di personaggi che riesce ad introdurre in scena, senza tuttavia farne delle macchiette standardizzate, ma dando ad ognuno i propri spazi, personalità e storia.
Una nota di merito va agli antagonisti, decisamente più pericolosi e determinati di quelli affrontati nella prima serie, eppure non ridotti al semplice ruolo di cattivi. Fin dall'inizio, è evidente che i rischi che Touma e compagni si trovano ad affrontare stanno crescendo esponenzialmente, e le battaglie si fanno molto più complesse. Certo il potere di annullamento di Touma continua a giocare un ruolo fondamentale, ma è evidente che non è sufficiente contro quello che si sta preparando. Tra le varie fazioni che muovono le proprie pedine sulla scacchiera di Gakuen Toshi, non è scontato chi siano i buoni, e trame e complotti si intrecciano in un gioco di scatole cinesi.
Non sperate che tale gioco si risolva con questa stagione, comunque. Le rivelazioni del finale vi lasceranno ad inveire contro l'assenza di una terza stagione, cosa che sembra succedere con molti degli anime ricavati dalle chilometriche serie letterarie giapponesi (coff coff Kyoukai Senjou no Horizon coff coff). In ogni caso, vale davvero la pena di guardarlo.
Una nota a parte merita la presenza di alcune puntate ambientate in Italia. Touma ed Index vincono una vacanza nel nord del nostro splendido paese, e si ritrovano nientemeno che a Chioggia. Lì, insieme ad alcune conoscenze delle puntate precedenti... visiteranno città d'arte? Gusteranno la dolcezza della cucina italiana? Come avrete già intuito, tra il dire ed il fare c'è di mezzo l'ennesimo scontro da affrontare. Ma intanto possiamo gustarci qualche piacevolissima panoramica a noi familiare.



Per quanto riguarda la trama, ho già detto che riprende moltissimi elementi della prima stagione, e che in generale è più che soddisfacente, anzi prende un ritmo fluido ed incalzante nella rivelazione di nuovi poteri e di nuove minacce. Molti personaggi prima accennati sono approfonditi, e quelli che invece sono soltanto introdotti presentano notevoli indizi sulla loro futura importanza. Il protagonista, Touma, soffre di una leggera sindrome dell'eroe che lo spinge a lanciarsi al salvataggio di chiunque in qualunque occasione, ma pare essere una patologia molto diffusa tra i personaggi, ed inoltre la cosa è sempre giocata in modo niente affatto pesante. Anzi, devo dire che dopo aver sopportato alcuni personaggi maschili piuttosto inetti, è un piacere vedere un protagonista con una spina dorsale.
Altro personaggio principale che ottiene più spazio e semplicemente se lo merita è Accelerator, uno degli esper più potenti di Gakuen Toshi. Ammetto che sia un po' psicopatico, ma proprio per questo si crea un parallelo contrastante tra il suo comportamento e l'idealismo di Touma, un contrasto che ho molto apprezzato.



Un'altra cosa che vorrei specificare è che in To aru Majutsu no Index ci sono ragazze che combattono e si prendono la loro razione di botte, ed antagoniste femminili credibili. Ho notato varie volte una tendenza a "risparmiare" i visetti graziosi, o a smussare gli angoli "cattivi" delle cosiddette cattive, forse per evitare di perdere fan, ma personalmente penso che non ci sia nulla di male. Anzi, mi piace vedere una donna trattata esattamente sullo stesso piano degli uomini, senza improbabili cavallerie che non hanno una giustificazione narrativa. Mi pareva il caso di specificarlo, nonostante sia un aspetto secondario. In un anime che presenta anche alcune sfumature ecchi, comunque giocate in genere secondo toni comici, è piacevole che i personaggi femminili siano capaci, indipendenti e forti, assolutamente all'altezza della situazione.
E con questo, ho concluso. Valgono insomma ancora le considerazioni fatte per la prima stagione, con gli aggiustamenti detti all'inizio, e vale più che mai il suggerimento a godervi questa serie davvero intrigante.
Saluti a tutti,

Clara


sabato 22 febbraio 2014

Il ritorno delle Trenitaliche Tragicommedie (con finale a sorpresa)




Ah-ehm. Mi tocca di nuovo fare l'introduzione ad uno degli inutili post di Clara sulla sua vita e sulle sue disavventure da studentessa fuori-sede, ma sinceramente non ne ho voglia. Quindi fate finta di avere appena letto un'introduzione e passiamo la parola all'interessata.

L'interessata ha detto che non te la caverai così facilmente, quindi fai quell'introduzione così poi possiamo andare avanti.

Perché a me? Non puoi farla tu, che ti diverti tanto?

Va bene, va bene! Allora, carissimi lettori di Animula Solivaga, Clara ha unilateralmente deciso che al mondo interessa conoscere episodi significativi della sua esistenza di universitaria fuori-sede alle prese con Trenitalia. Perciò, ecco la cronaca di una giornata di fatiche e peripezie, attese e colpi di scena, tra stazioni fantasma e treni di trasporto bestiame. Ecco a voi, in terza persona e con tante lettere maiuscole... le Trenitaliche Tragicommedie!

Io sto facendo il rullo di tamburi in sottofondo, se non lo sentite è perché siete ancora sani di mente.

Scena: Clara è sul pianerottolo tra due vagoni di un treno regionale, precariamente seduta su uno di quei micro-sedili a scomparsa accanto alla porta, con un computer in equilibrio precario sulle ginocchia e la sua fedelissima valigia, affettuosamente soprannominata "maledetto-sacco-di-cemento-perché-non-hai-un-meccanismo-di-levitazione-per-fare-le-maledette-scale", incastrata vicino ai gomiti. Intorno a lei, altri giovani sventurati nella stessa condizione mentale, ossia agonizzante desiderio di essere già a casa.
Il treno arriva alla celebre Stazione-Che-Dicono-Essere-Importante-Ma-Sta-In-Mezzo-Al-Nulla. E si ferma. Tutto normale, è una pausa prevista, tra pochi secondi ripartirà verso Stazione-Trafficatissima-In-Cui-Clara-Deve-Fare-Le-Corse-Per-Prendere-La-Coincidenza. Clara stringe forte il computer per non rischiare disastri alla partenza.
La partenza non avviene.
Clara attende pazientemente.
Un minuto.
Cinque minuti.
Dieci minuti.
La Voce, non la cara Voce che tutti i lettori di questo blog conoscono ed amano, ma la Voce del Destino Crudele altrimenti detta Tizio degli Annunci in Stazione rimbomba:
"Causa investimento nella Stazione-Che-Nessuno-Ha-Mai-Sentito-Nominare-Ma-Per-Cui-Passa-Tutto-Il-Traffico-Ferroviario-Possibile, il treno ripartirà con un ritardo ancora da determinare".


A quel punto, le domande iniziano ad affollarsi nella mente di Clara: riuscirà il treno a ripartire? Riuscirò a prendere, se non la coincidenza prevista, almeno il treno dopo che ormai ho imparato a segnarmi per ogni eventualità? Riuscirò a lasciare Stazione-Che-Dicono-Essere-Importante-Ma-Sta-In-Mezzo-Al-Nulla? Dove sarà mai Stazione-Che-Nessuno-Ha-Mai-Sentito-Nominare-Ma-Per-Cui-Passa-Tutto-Il-Traffico-Ferroviario-Possibile? Quale è il senso della vita? Ah, no, aspetta, l'ultima non è così rilevante...
Nel frattempo, passano i minuti. Gran parte dei passeggeri ha iniziato a passeggiare avanti ed indietro, gettando occhiate preoccupate al tabellone che non fornisce alcuna informazione utile. La Voce del Destino Crudele, dopo il suo lapidario annuncio, tace. Il controllore non ha la minima idea di quanto ripartiremo, ma non c'è da preoccuparsi, appena avranno liberato i binari saremo i primi a partire. I primi regionali, perché ovviamente le Frecce hanno la precedenza. Ehi, poveracci, avrete mica la pretesa di essere considerati esseri umani anche voi, che pretendete addirittura di risparmiare per acquistare frivolezze come pranzo e cena?
I minuti passano.
Clara si rende utile spiegando a tutti i nuovi arrivati in stazione, che si stanno chiedendo inutilmente dove siano finiti i treni che avrebbero dovuto prendere, che qualcuno è stato investito a Stazione-Che-Nessuno-Ha-Mai-Sentito-Nominare-Ma-Per-Cui-Passa-Tutto-Il-Traffico-Ferroviario-Possibile.
Dopodiché, Clara torna al treno in tempo per scoprire dagli altri passeggeri che Trenitalia ha risolto parte del problema. Nell'impossibilità di far giungere altri treni dalla direzione opposta, quello lì sta per ripartire verso la destinazione di partenza.
Ora, questa è una buona cosa per chi stava attendendo disperatamente di poter lasciare Stazione-Che-Dicono-Essere-Importante-Ma-Sta-In-Mezzo-Al-Nulla nella direzione da cui Clara proviene.
Non lo è per tutti gli altri, visto che non c'è servizio sostitutivo.
Dopo lunga riflessione, Clara finisce per valutare tre opzioni.
A - Uscire da Stazione-Che-Dicono-Essere-Importante-Ma-Sta-In-Mezzo-Al-Nulla, prendere un cartone, e scriverci un messaggio con il pennarello, sperando di impietosire un automobilista che la porti almeno a Stazione-Trafficatissima-In-Cui-Clara-Deve-Fare-Le-Corse-Per-Prendere-La-Coincidenza.
B - Uscire dalla stazione, acquistare un coltello molto affilato, e prendere in ostaggio il personale della biglietteria fino a quando Trenitalia accetterà di organizzare un autobus sostitutivo.
C - Fare una corsa per prendere dal binario opposto il treno che va a Stazione-Dalla-Parte-Opposta-Della-Regione, e da lì prendere un altro treno verso casa, impiegando un paio d'ore in più.

Ora, l'opzione A è irrealizzabile per la mancanza di cartone e pennarelli. L'opzione B presenta piccoli inconvenienti di carattere legale, anche se trasformerebbe  Clara in un idolo della resistenza pendolare. Inoltre Clara non ha complici, anche se non ha dubbi che ne troverebbe, e neanche cappelli da "Assalto al treno":




Rimane l'opzione C. E qui Clara dimostra la sua ingenuità, perché va addirittura a farsi il biglietto per Stazione-Dalla-Parte-Opposta-Della-Regione. Solo quando sale sul treno, soddisfatta di sé, scopre che comunque il controllore le avrebbe tenuto buono il suo vecchio biglietto, in quanto impietosito da altri due viaggiatori che stanno facendo la stessa mossa geniale, ma in modo molto più geniale.
Clara si ripromette di risparmiare su caffè e dolci per ammortizzare il danno, e di farsi un po' più furba.
Il treno parte, diretto a Stazione-Dalla-Parte-Opposta-Della-Regione, e Clara attacca bottone con gli altri due viaggiatori più furbi di lei, un ragazzo ed una ragazza. La ragazza ha un'aria familiare, forse non è la prima volta che prendono lo stesso treno.
La ragazza chiarisce a Clara che hanno fatto lo stesso liceo, stesso anno, sezioni diverse. Clara si ripromette di controllare a che età arriva l'Alzheimer.
In tre, il viaggio è assai meno traumatico. Mentre il treno avanza lentissimamente, con pause ad ogni singola Stazione-Mai-Sentita-Nominare (ovvero Sul-Serio-Questo-Paese-Esiste-Nella-Mia-Regione?), la conversazione decolla.
Quando il treno arriva finalmente a Stazione-Dalla-Parte-Opposta-Della-Regione, Clara ha esaurito la sua fedelissima bottiglietta d'acqua, la sua pazienza, e la sua fiducia nel mondo. In compenso ha imparato più cose di quante ne abbia mai sapute in cinque anni su Tizia-Dello-Stesso-Liceo, altrettanto su Altro-Tizio-Sconosciuto, ed ha imparato molti nuovi nomi di paesi.
Altro-Tizio-Sconosciuto ha i genitori che vengono a prenderlo a Stazione-Dalla-Parte-Opposta-Della-Regione. Clara e Tizia-Dello-Stesso-Liceo lo guardano con odio, prima di precipitarsi a supplicare il controllore del treno verso casa che le lasci salire nonostante il loro biglietto sia per una linea diversa. Per fortuna anche questo controllore rivolge loro uno sguardo di compassione ed un consenso venato di comprensione per le altrui disgrazie. Chissà quante volte gli è già capitato.
Risultato finale, Clara arriva a casa con qualche ora di ritardo sui programmi, ha già cancellato l'aperitivo con un'amica che non vede da secoli e che non vedrà per qualche altro mese, persa l'unica occasione buona, e sta per fare una crisi isterica.
Tentativo di sfogarsi con il padre, venuto a prenderla in stazione.
Clara: "Ma poi, non so io, ma se uno si vuole buttare sotto un treno non può farlo a metà settimana? Su una tratta di quelle dove non passano i pendolari?"
Papà: "In effetti uno si è buttato sotto il treno. Diciassette anni."
Clara passa il resto della serata a sentirsi una persona crudele, insensibile e molto, molto stanca.

Fine (per ora) di questo episodio



E concludiamo con l'immagine di un treno che non è gestito da Trenitalia. Chi lo riconosce?

Il vincitore otterrà la soddisfazione di aver vinto, poi non dite che non siamo generosi.

Parlando di generosità... Piccolo Troll, Voce, non trovate che dobbiamo festeggiare qualcosa oggi?

Il tuo ritorno a casa sana e salva? Nah, non credo proprio.

Sigh, smemorati. Va bene, vi rinfresco la memoria. Cosa ne dite di questo post?

Ma... ma... è vero! Piccolo Troll, è l'anniversario della tua prima comparsa in questo blog!

Cosa? Mi stai dicendo che sono qui da un anno?

Proprio così, un anno di Piccolo Troll. E per festeggiare, ho un regalo per voi... sì, anche per la Voce, visto che per il compleanno le ho fatto solo il biglietto.

Non un altro costume imbarazzante, non un altro costume imbarazzante, non un altro costume imbarazzante.

Voglio il regalo!

Il regalo è qui di fianco, e da oggi in poi sarà parte integrante del blog. Scorrete un po', tutti quanti, guardate di cosa sto parlando...

Una tartaruga! Guarda, Voce, abbiamo una tartaruga blu che si chiama come quella di Mondo Disco!

Clara, hai adottato una tartaruga a nostro nome? Vorrei fare una battuta acida, ma sono spiazzata dal pensiero gentile. Devo dire che stavolta non sei stata così male.

Grazie, Voce, significa moltissimo ammesso da te. E sapete quale è  la cosa più adorabile? I lettori possono interagire con Atuin, darle da mangiare (basta cliccare su "more") e farla nuotare. Ammettetelo, ci voleva qualcosa di carino per attirare più gente ;)

Stai dicendo che io non sono abbastanza carino?

Non deprimerti, Piccolo Troll, vai benissimo anche tu.

Awwww, quanto siete dolci! Va bene, ora vi lascio ai festeggiamenti per l'anniversario. Arrivederci a tutti i lettori, ci vediamo al prossimo post!

E tanti auguri a me.

E ricordate di dare da mangiare ad Atuin prima di andarvene!



giovedì 20 febbraio 2014

In Grecia: Eleusi


Per questa parte della mia piccola escursione fotografica tra le meraviglie della Grecia, torniamo in Attica, nella regione di Atene, e ci spostiamo in un sito che fu sempre profondamente legato alla storia della città di Pericle e Platone. Ogni anno una processione lasciava Atene per recarsi ad Eleusi, sede dei misteri eleusini, riti religiosi legati alle figure di Demetra e Persefone, accessibili, almeno per alcune fasi, soltanto agli iniziati, ed ancora oggi non del tutto conosciuti.
Eleusi rimase un luogo di forte valore simbolico e sacrale anche dopo l'età classica, e la presenza di steli e sarcofagi romani attesta la continua frequentazione del sito. Oggi, dopo anni di scavi, è possibile camminare tra gli elementi architettonici riportati alla luce, e poi inerpicarsi sul fianco della collina fino ad arrivare al piccolo museo sulla sommità. Lì, una terrazza affacciata sul pendio rivela il mare luccicante a poca distanza, contro cui si stagliano nette le statue appoggiate alla balaustra, mentre a poca distanza sta un sarcofago scolpito con una plastica scena di battaglia.



All'interno del museo, chiunque si sia mai cimentato con il mondo della storia dell'arte greca riconoscerà questo:


Il vaso protoattico di Odisseo che acceca Polifemo, da solo, vale la pena di entrare nel museo, per vedere dal vivo quello che stava sui nostri libri di testo. Ma subito dopo, con un ardito salto cronologico, ecco anche l'Antinoo di Eleusi, il giovane prediletto dell'imperatore Adriano reso oggetto di culto dopo la sua misteriosa morte e qui raffigurato come Dioniso.


Solo un paio di assaggi, i più immediatamente riconoscibili, di una collezione che ci offre statue e rilievi di raffinata fattura, coprendo secoli di storia ed arte.
Insomma, Eleusi può non essere una meta sfolgorante come Atene, ma vale decisamente la pena di passare a visitarla. Come tutti i siti che ho avuto l'occasione di visitare in Grecia, è tenuto molto bene, e l'atmosfera è arricchita dalla presenza tra i monumenti della natura mediterranea, parte integrante di questo mondo. C'è anche una chiesetta ortodossa, affascinante nella sua essenzialità, ad indicare quasi un passaggio di consegne tra mondi diversi che dura ancora oggi.





E con questo, vi saluto. Arrivederci a presto per le ultimissime fotografie! ;)


Clara



lunedì 17 febbraio 2014

Di cosplay, fiere e Doctor Who

Come avevo buttato lì nell'ultima riga del post di sabato, domenica ero a Faenza per una fiera di Hobby, Games and Cosplay. La mia prima fiera in cosplay in assoluto.
In realtà non avrei neanche saputo che esisteva, se non fossi stata invitata da una mia amica dell'università... amica che mi vanto di aver personalmente spinto nel fandom dell'amatissimo Dottore, quindi le buone azioni vengono sempre ripagate, visto? U_U

Certo, perché fare il lavaggio del cervello ad una fanciulla innocente per trascinarla in una setta di fanatici è una buona azione. Pentiti, Clara, pentiti...

Mai e poi mai. Comunque, stavo dicendo, giovedì questa qui salta fuori con la proposta di andare alla fiera insieme ad Amica2, altra conoscente che è finita nella trappola whovian più o meno nello stesso modo. Ci accompagnano i genitori di Amica1, visto che la qui presente universitaria fuori sede è assai poco motorizzata, e se si va in cosplay si paga ridotto. La soluzione? Andare in cosplay.
Il problema? Improvvisare un cosplay in due giorni, utilizzando il materiale reperibile in un appartamento ed al massimo il mercato vicino. Ah, e prendendo in considerazione la mia cronica mancanza di denaro, che doveva essere risparmiato per la fiera vera e propria.
Una missione che neanche Neil di Art Attack, gente.
Per fortuna Doctor Who offre molti personaggi che non sono particolarmente difficili da realizzare, ed il fatto che fosse una fiera piccolina ci tranquillizzava riguardo al fatto che l'eventuale fallimento completo non sarebbe stato trasmesso sui telegiornali nazionali.
Questo, per la cronaca, non ha impedito a mia madre di rintracciare prima ancora che arrivassi, stanca e felice, nel mio appartamento, le fotografie compromettenti già disponibili su Facebook... e lei non ha Facebook. Sul serio, è pura stregoneria.
Ma procediamo con ordine, ossia con i momenti salienti della preparazione:
- Mettere a soqquadro i cassetti alla ricerca di materiale utile.
- Recuperare il sopracitato materiale utile rotolato sotto il letto mentre ne cercavo altro.
- Ritrovare ago e filo nella scatola delle cianfrusaglie varie.
- Imprecare perché il filo non entra nella cruna dell'ago.
- Pungersi ripetutamente il dito mentre si attaccano i vari pezzi.
- Cercare disperatamente un pennarello nero, ritrovandone nel frattempo di tutti i colori, tranne quello necessario.
- Provare.
- Battere la testa contro il muro perché un pezzo si è già staccato.
- Ripetere la delicata procedura di cucitura, compresa la parte di pungersi il dito.
- Riprovare.
- Tentare di fare una fotografia a me stessa per inviarla ad Amica1 e chiedere un'opinione, e scoprire che non sono capace di fare neppure quello. Sul serio, come fanno le dodicenni a caricare un centinaio di autoscatti al giorno, mentre io sono incasinata a farne uno?
- Ricevere conferma e complimenti, e finalmente tirare un sospiro di sollievo.
- Rendersi conto che sono le sei di sera ed hai passato tutto il pomeriggio a fare quello che si può riassumere come nulla di utile... e che non te ne importa niente.

E così, finisce la fase di preparazione, completata con un piccolo acquisto al mercato.

Domenica, si passa alla fiera vera e propria! Gente, era stupenda. Bancarelle di gadget, manga, poster, qualsiasi cosa si potesse immaginare. Paradiso... o inferno se non si hanno soldi come me, ma il divertimento è assicurato. E c'erano dei cosplay assurdi, roba che al confronto io avrei voluto sprofondare sottoterra. Soprattutto anime, in effetti, ma devo dire che lo stand della Umbrella Corporation non me lo aspettavo.

Momenti salienti della giornata:

- La bigliettaia che, forse arrabbiata perché avrebbe voluto essere dentro a divertirsi invece che chiusa dietro un gabbiotto, sbaglia a darmi il resto, ed io che me ne accorgo soltanto dopo essere entrata, vanificando in sostanza il famoso Sconto Cosplay.

- Pochi minuti dopo l'arrivo, essere sequestrate da un gruppo di altri cosplayer di Doctor Who mai visti in vita nostra, che ci salutano come se fossimo amici d'infanzia. Mai successo prima, ma è stato fantastico.

- La mamma di Amica2 che di fronte ad un cosplay di Ash Ketchum fa: "Eh, Clara, tu sei troppo piccola per aver guardato i Pokemon..."
Silenzio imbarazzante.
Amica: "Mamma, abbiamo tutte la stessa età"

- Le lamentele perché una piadina allo stand costa ben 5 maledetti euro, neanche la servissero in piatti di cristallo. La prossima volta mi porto il pranzo da casa, lezione imparata.

- Amica2 che, dopo aver passato metà della giornata a sbavare dietro ad un cosplayer di Jon Snow, si rende improvvisamente conto del fascino di un Capitan Harlock che sta cantando sul palcoscenico.
Io: "Ehi, Amica2... Jon o Harlock?"
Amica2: "Guarda, io me li prendo anche tutti e due".

- Ritrovo di tutti i cosplayer di Doctor Who, scatto di centoventi foto, e Rose Tyler ed il Decimo Dottore che rischiano di essere linciati per aver riproposto l'infame scena del muro di Doomsday.




- Il cosplayer di Jack Harkness che diventa oggetto di battute a sfondo erotico ad ogni frase che dice, soprattutto dopo che il Nono Dottore ha sfoderato la sua banana.

Non era un blog sicuro per i minori, questo?

Considerando che l'autrice ha l'umorismo di una bambina di cinque anni, direi di sì.

Insomma, è stata una splendida giornata. Ed ho avuto l'immensa soddisfazione di veder debuttare in pubblico il piccolo Adipurumi... ricordate? Il mio amigurumi Adiposo, che ha passato l'intera giornata sulla borsa di Donna Noble a farsi spupazzare da tutti i presenti.

Conclusione in bellezza, il ragazzo di Amica2 viene a riportarci a casa.

Amica2: "Tesoro, dovevi vedere che figo Jon Snow. E poi c'era un capitan Harlock che me lo sarei..."
Ragazzo-di-amica2: "Ma che cosa ti avevo detto io?"
Amica2: "Tu avevi detto niente Dottore, degli altri non si era parlato"

Il tutto in tono scherzoso, mentre la notte scende intorno a noi e le luci ed il frastuono della fiera rimangono alle nostre spalle. Il silenzio cala, stanche e felici dopo una lunga giornata di giri tra le bancarelle, sigle cantate a squarciagola e risate a crepapelle.
Una splendida giornata.


Clara


sabato 15 febbraio 2014

Ci sono riuscita!

A fare cosa, esattamente, saresti riuscita? A superare san Valentino senza intossicarti di cioccolato che ti sei comprata da sola? A capire che se non riesci a fare nulla di utile in una giornata è perché perdi tempo, e non perché c'è una distorsione temporale che richiede l'intervento del Dottore?

A fare un viaggio in treno senza insultare nemmeno una volta Trenitalia?

Ragazzi, niente di così miracoloso.

Mi pareva strano.

Come avrete notato, è da lunedì che non ci sono nuovi post in questo blog.

Non l'avevamo notato. Sul serio, non metterla come se fosse un evento insolito, per te è perfettamente normale non aggiornare.

Ma questa volta c'era una buona ragione.

Okay, ora sono sconvolta.

La vuoi piantare di interrompere? Devo annunciare al mondo la mia gioia!

Allora fallo senza perdere altro tempo.

Molto bene. Come i lettori di vecchia data, ossia quelli che sono passati di qui almeno una volta lo scorso novembre, ricorderanno, ho partecipato all'edizione 2013 del Nanowrimo, il National November Writing Month, una sorta di sfida con se stessi per riuscire a scrivere 50.000 parole in 30 giorni. E, con grande sorpresa mia e di chiunque altro, sono riuscita a vincere! Il mio progetto era una specie di romanzo di fantascienza, ma 50.000 parole, benché sufficienti ad ottenere quel piccolo badge che vedete in un angolino del blog, non sono bastate per terminarlo.
Ho fatto una pausa, mi sono dedicata ad altri progetti, come una certa fanfiction che porto avanti da parecchio, ho studiato ed ho vissuto.

Senti, non tirarla tanto lunga, avevi esaurito l'ispirazione.

Okay, la Voce ha ragione, avevo esaurito l'ispirazione. Ma nell'ultimo mese l'ho ritrovata mi sono messa al lavoro, rileggendo quando avevo già scritto, e quasi per miracolo tutti i pezzi hanno trovato il loro posto. Le scene che non riuscivo a scrivere hanno preso un'altra piega. I personaggi si sono finalmente decisi ad andare più o meno nella direzione in cui la trama li spingeva, senza fare eccessivamente di testa loro. Tutto è andato al suo posto. Non è la prima storia che scrivo, e spero proprio che non sia l'ultima, ma è sempre affascinante vedere come ad un certo punto tutto converga verso lo scioglimento finale, come i personaggi prendano vita. E' sempre esaltante scattare a sedere sul letto la mattina con l'assoluta necessità di arrivare in fretta ad un computer, o al tuo cellulare, o a un dannato foglio di carta, perché hai appena capito come risolvere quella scena e se te ne dimentichi, già lo sai, sarai bloccata per un pezzo. E' appagante addormentarsi sentendo ancora fremere le mani, dopo aver battuto per un'ora sulla tastiera, lasciando scorrere il flusso delle parole.
Un paio di sere fa, dopo che le mie coinquiline erano andate a letto presto da brave ragazze quali sono, lasciandomi a fissare lo schermo del mio computer, visto che ormai sanno benissimo che caso disperato sono, ho sciolto l'ultimo nodo narrativo, e da quel momento è stato un percorso in discesa, ogni parola che tirava l'altra come dolcissime ciliegie.
Ho dovuto andarmene a letto prima di aver finito, consapevole che altrimenti alla lezione del giorno dopo sarei stata una zombie. Ma qualche ora dopo ero di nuovo lì, alla mia postazione, a scrivere parole su parole mentre la pentola della pastasciutta borbottava. E poi ancora dopo pranzo, rimandando lo studio ad ora da destinarsi, perché tutto stava funzionando, i personaggi reclamavano il loro finale, ed io non potevo fare altro che accontentarli.
Ce l'ho fatta, signori e signore. La prima bozza di quello che temporaneamente si intitola "Epsilon-12" è ufficialmente terminata e salvata.
E già so che tra pochi giorni riaprirò quel file e mi metterò a correggere ogni cosa, scoprendo errori grammaticali, o rendendomi conto che ho cambiato il colore degli occhi di un personaggio almeno tre volte nel corso dell'avventura. Già so che mi chiederò quale strana droga avevo assunto per scrivere certe pagine.

Ah, quello ce lo chiediamo tutti.

Non si era già stabilito che fosse un mix letale di cioccolato, caffè, biscotti, anime e Doctor Who?

Insomma, so che la strada non è finita. Ma per ora sono soddisfatta di quello che ho fatto, ed avevo voglia di condividerlo con voi. Chissà, magari un giorno o l'altro avrete altre notizie della mia creatura... nell'attesa, buona giornata a tutti!


Clara


PS: E se qualcuno sta dalle parti di Faenza, domani alla fiera c'è una convention di fan di Doctor Who. Visto che ero in tema di fantascienza ho pensato di spargere la voce, ora torno a lavorare al mio pseudo-cosplay molto casalingo ;)

martedì 11 febbraio 2014

Ora e per sempre



Per la seconda volta in pochi giorni, sto recensendo un libro di Ray Bradbury, visto che "Cronache Marziane" mi ha lasciato un'irrefrenabile desiderio di tuffarmi ancora nello stile di questo autore. E, detto fatto, ecco "Ora e per sempre", che raccoglie due racconti lunghi piuttosto diversi, ma entrambi meritevoli.


"Da qualche parte suona un'orchestrina" parla di un giornalista, e di un villaggio sperduto nel cuore dell'America. Un villaggio dove il treno non si ferma, ed il tempo sembra sospeso, in un'idilliaca pace che nasconde molti segreti, ed alcuni dei tesori più preziosi dell'umanità. E dove Nefertiti, bellissima ed indecifrabile affittuaria dell'Egyptian View Arms, sta aspettando...

Devo dire che questo racconto non ha l'originalità e la freschezza di altri titoli dello stesso autore, forse per il fatto che sfrutta temi assai diffusi nell'ambito della fantascienza, e tuttavia riesce a risultare piacevole per la lirica malinconia di cui è intriso, per lo stile con cui Bradbury lentamente svela i segreti di Summertown e dei suoi gioiosi abitanti. Il tempo si ferma, non solo nel villaggio dell'Arizona, ma anche tra le pagine, avvolgendo il lettore in un'atmosfera onirica e surreale. E' una storia lenta, semplice, ma narrata con il tocco inconfondibile di un maestro della fantascienza. E per gli appassionati di lettura e di scrittura, Summertown diventa la cittadina dei sogni. 

"Leviatano '99" è la rielaborazione in chiave fantascientifica del grande classico "Moby Dick". La balena bianca è qui un'abbacinante cometa, Leviatano, portatrice di morte e distruzione. Ismaele Connecticut Jones è un giovane marinaio imbarcato sull'astronave Cetus 7, e trascinato insieme al resto dell'equipaggio nella folle ossessione del capitano, accecato trenta anni prima da Leviatano e deciso a vendicarsi del mostro. Una teologia "spaziale" e biblica al tempo stesso, biblica nel senso che avrebbero inteso i pionieri americani, si mischia al brivido dell'esplorazione e dell'inseguimento, fino alla tragica conclusione. Forse quest'ultima è un po' affrettata, ma trasformare il romanzo di Melville in un racconto richiedeva qualche sacrificio, ed è ugualmente affascinante. Le figure più intriganti sono il misterioso alieno Quell, ed ovviamente il capitano, potente e carismatico nella sua ossessione, che riesce a trascinare con sé equipaggio e lettori in un'impresa impossibile, sfidando fino all'ultimo la sua Nemesi.

Due racconti insomma decisamente godibili, interessanti e scritti in modo magistrale, come vale per tutte le opere di Bradbury, anche se non si toccano i livelli di "Cronache Marziane" o "Fahrenheit 451". Non c'è molto da dire, visto che si tratta di opere brevi, ma se ne avete l'occasione e se avete apprezzato altri lavori di Bradbury vale davvero la pena di spendere un po' di tempo su questo titolo.


Clara


venerdì 7 febbraio 2014

Cronache marziane

Il libro che recensisco oggi ha ormai i suoi anni sulle metaforiche spalle, tuttavia credo che sia ancora una lettura più che valida per chiunque apprezzi la fantascienza di qualità. Sto parlando di "Cronache Marziane", raccolta di racconti di Ray Bradbury, uno degli autori più importanti della storia della fantascienza, meglio conosciuto per "Fahrenheit 451".



Le ventotto storie, alcune intermezzi di mezza pagina appena, altre lunghe una decina di pagine, sono legate da un filo comune, la storia della conquista di Marte da parte dei terrestri. Dai primi, tragici incontri con gli alieni abitanti del pianeta rosso e con la loro splendida, surreale civiltà, alla colonizzazione vera e propria, per arrivare negli ultimi racconti ad un finale che non definirei apocalittico, ma che di sicuro non è esattamente un lieto fine per la Terra. Anche se potrebbe essere un lieto inizio.

Clara, piantala di tentare di essere criptica e fai una recensione decente.

Va bene, va bene. Ma che cosa posso dire? Non è facile parlare di questo libro, più che altro perché sento di non riuscire ad esprimere dove sta il vero fascino. Forse nello stile della prosa, elegante e raffinata, fiorita di metafore ed immagini fantasiose pronte ad imprimersi a fuoco nella mente del lettore, trascinandolo sul pianeta rosso e nel cuore dei personaggi. Forse proprio per le descrizioni di questo suo Marte fiabesco, onirico, meraviglioso e terribile, un Marte che intreccia la Frontiera del west americano al Paese delle Meraviglie, forse il più splendido pianeta Marte su cui un libro mi abbia mai portata. Forse per la diversità tra i diversi racconti, alcuni più leggeri ed ironici, altri carichi di tensione, altri ancora avvolti di malinconia.
Storie di fantasmi e storie d'amore, storie di morte e storie di vita. Incontri tra razze diverse segnati dalla paura o da una esasperata, tragica incomprensione, ed altri incontri venati di triste tenerezza, nel segno di una comunicazione possibile. Ironia a volte brillante, a volte macabra, e mai esagerata, mantenendo sempre una certa solennità ad avvolgere le avventure che accadono sotto un cielo alieno.
Fin dalla prima pagina è evidente il talento di Bradbury come prosatore e creatore di mondi, talento che si fa sempre più limpido nel corso della narrazione, rivelandosi in tutta la sua multiforme flessibilità per adattarsi alle molteplici sfaccettature che troverete qui.
Ecco, forse mi sono lasciata trascinare, ma la verità è che ho adorato questo libro, l'ho assaporato dalla prima all'ultima pagina, leggendo e rileggendo i miei racconti preferiti. Ho tifato per i protagonisti, mi sono sentita partecipe delle loro riflessioni, ed in qualche caso ho anche avvertito un groppo alla gola ed un pizzicorino agli occhi, perché per quanti anni siano passati da quando è stato scritto, i temi su cui fa leva sono gli stessi che vibrano in ogni tempo: l'amore, la morte, la nostalgia di una casa lontana ed irraggiungibile, la paura dell'ignoto, la sete di conoscenza, l'ignoranza e la grettezza di alcuni umani, lo smarrimento di fronte ai misteri di un universo troppo grande.
C'è un tributo al genio di Edgar Allan Poe, nel racconto "Usher II", dove i roghi di libri che illumineranno maleficamente le pagine di "Fahrenheit 451" ricevono una macabra ma appropriata vendetta. C'è un altro tributo alla poetessa americana Sara Teasdale, la cui poesia "Cadrà dolce la pioggia" darà il titolo ad un desolato requiem in cui frammenti ed indizi ci fanno cogliere lentamente la portata terrificante della conclusione di una guerra insensata. C'è, alla fine di tutto, la speranza di un nuovo inizio. E c'è sempre, sempre, quel mondo dai colori sgargianti e dalle città di cristallo, che tutto avvolge e tutto penetra... c'è Marte, un Marte che non esiste ma che si impone in tutto il suo mistero.
Non mi viene in mente altro da aggiungere, se non un invito a leggere "Cronache marziane". Se vi piace la fantascienza, leggetelo come pietra miliare del genere, dimostrazione perfetta di come esso sia qualcosa di più di quanto arriva oggi sugli schermi dei cinema. Se non siete avidi lettori di fantascienza, tuttavia, leggetelo lo stesso per lo stile limpido e prezioso, a tratti poetico, di un maestro della prosa, per i sentimenti che riesce a trasmettere, per i personaggi che sono ciascuno di noi.
Insomma, leggetelo. Non ve ne pentirete.

Clara

PS: Se ve ne pentirete, venite pure ad insultare l'autrice di questa recensione. Tanto sappiamo tutti che non è capace di essere imparziale.

giovedì 6 febbraio 2014

Saitama Chainsaw Shoujo

Oggi, per l'ennesima volta, vi parlo di un manga. E, per l'ennesima volta, vi parlo di un manga che non avete la minima possibilità di trovare in Italia, o in italiano. Ma stavolta sono gentile e vi metto anche il link per leggerlo online, così vi risparmiate la fatica di cercarlo da soli:

Saitama Chainsaw Shoujo

Non cliccate su quel link prima di aver finito la recensione, mi raccomando. Altrimenti potreste addirittura essere tentati di leggerlo senza rendervi conto di quale assurdità sia.

In effetti mi tocca dare ragione alla Voce, è abbastanza assurdo, anche più della media dei manga giapponesi. Tutte le recensioni e tutti i commenti che ho trovato, nella vana ricerca di dare un senso compiuto alla storia, concordavano sulla stranezza della storia, in genere con variazioni di "Che cosa ho appena letto?".
Eppure, devo dire che è stato un simpatico intrattenimento, anche perché è una storia piuttosto corta... quindi, ovviamente, eccomi qui a parlarne.

Non hai niente di meglio da fare, vero?


Trama: Kirisaki Fumio è solo una timida studentessa giapponese, appassionata di manga e perdutamente innamorata del suo ragazzo. Poi, un giorno, lo vede tra le braccia di una nuova ragazza appena arrivata a scuola. Si rivolge alla sua migliore amica Kaoruko, solo per ottenerne una strampalata giustificazione.
A quel punto, sola e tradita, Fumio opta per l'unica soluzione possibile: tirare fuori una motosega, portarla a scuola, uccidere il fidanzato e poi suicidarsi, eliminando chiunque tenti di ostacolarla.

Ecco, ora c'è una pausa in cui voi rileggete il pezzo precedente tentando di capirlo. Rinunciate e basta.

La premessa per un racconto del tutto sopra le righe c'è, e lo svolgimento anche. Non cercate profondità nascoste nella storia. Non cercate spiegazioni logiche e razionali. Non chiedetevi perché stia succedendo tutto ciò. O anche sì, se siete il genere di persona che ama costruirsi complessi castelli mentali come la sottoscritta.
Il sesto capitolo, con il finale del manga, è forse il più sconvolgente ed incomprensibile di tutti, rovesciando gran parte di quanto era successo in precedenza e lasciando aperta la strada all'immaginazione dei lettori. E' anche la parte che mi ha colpito di più... e non lo dico solo perché c'è un duello con seghe elettriche. Anche se c'è ;)

Pazza. Pazza psicopatica. Serve aggiungere altro?

Per quanto riguarda il disegno, è molto gradevole, direi piuttosto essenziale: le scene d'azione riescono a rendere bene il senso del movimento. La violenza ed il sangue sono ovviamente presenti, ma senza cadere nello splatter. I personaggi principali sono ben disegnati, mentre quelli secondari appaiono piuttosto "standardizzati", fatto che comunque è comune a molti altri manga e non solo.
Passando appunto ai personaggi, la protagonista Fumio è... interessante. Insomma, quante ragazze, ritenendosi tradite, imbracciano una motosega per fare a pezzi il fedifrago? E' probabilmente una psicopatica, ma il monologo interiore che accompagna gran parte del suo percorso rende facile provare simpatia nei confronti della sua disperazione e del vuoto che ha dentro.
E poi c'è Kaoruko, la sua migliore amica e unico altro personaggio davvero approfondito della storia. Kaoruko che crede nella reincarnazione, negli alieni, e nella comunicazione telepatica. Kaoruko che è così stramba che non puoi non amarla. Il rapporto d'amicizia tra lei e Fumio è evidente, ed è uno degli aspetti che contribuisce ad approfondire entrambi i personaggi.
Purtroppo non si può dire altrettanto per gli altri, visto che rimangono poco più di macchiette. Anche Takumi, il ragazzo di Fumio, ha poche scene e quasi nessuna caratterizzazione. Un peccato, e forse una potenzialità sprecata, ma visto che il manga si racchiude in un unico volume era ovvio che non potessero fare molto di più.
Detto questo, è stato un manga divertente da leggere, con un ritmo incalzante ma non troppo rapido, ed alcuni insospettabili colpi di scena assai interessanti. Quindi, se avete un paio d'ore da buttare via ed una passione per le stranezze ricche d'azione, Saitama Chainsaw Shoujo potrebbe piacervi.
Saluti a tutti,


Clara


martedì 4 febbraio 2014

Illusion d'ombre

Attenzione, prego! Clara ha un annuncio importantissimo da fare. Quindi potete tutti spegnere il computer ed andare a farvi una cioccolata calda.

Grazie mille per l'introduzione, Piccolo Troll, ora continuo io.
Come sapete... anzi no, come nessuno di voi sa, negli ultimi mesi sono stata coinvolta in un progetto di scrittura collettiva. Maria, la blogger di Start from Scratch, ha lanciato la proposta, e tra i lettori del suo blog siamo stati parecchi a rispondere, pronti a mettere in gioco le nostre tastiere e la nostra immaginazione per comporre insieme una storia.
Abbiamo perso pezzi e persone per strada, abbiamo cambiato direzione in corso d'opera, ci siamo allontanati e ritrovati. Abbiamo discusso sui particolari e sulla forma, ed alla fine siamo pronti a mostrare al pubblico il nostro lavoro.
Signori e signore, in anteprima mondiale

ossia in ritardo di qualche giorno rispetto agli altri partecipanti, non illudetevi,

ecco il link del blog di Maria, dove potrete scaricare Illusion d'Ombre, una storia di misteri ed amore che si dipana tra passato e presente, dietro la facciata di un vecchio teatro...

Start from scratch - Illusion d'ombre

Siete ancora qui? Forza, cliccate su quel link e scaricate gratuitamente l'e-book. Buona lettura!

Clara

sabato 1 febbraio 2014

Il piccolo burattinaio di Varsavia

A pochi giorni di distanza dal Giorno della Memoria, eccomi ancora a parlare di un libro che tratta proprio della Shoah. L'ho trovato in una vetrina dedicata proprio al 27 gennaio, l'ho comprato come premio per le mie fatiche universitarie, l'ho divorato in un paio di giorni ed ho pianto. Ed ora, visto che lo ha meritato, lo recensisco: "Il piccolo burattinaio di Varsavia", romanzo storico di Eva Weaver.



Trama:
" Mika ha dodici anni quando il cappotto viene cucito. Nathan il sarto lo confeziona per suo nonno nella prima settimana di marzo del 1938. L'ultimo anno di libertà per Varsavia, l'ultimo anno di libertà per Mika e la sua famiglia. E quando il nonno muore, rimane per Mika l'unica eredità in grado di proteggerlo dal gelo e dalla paura. All'apparenza si tratta di un cappotto qualunque, non fosse per le sue tasche che nascondono altre tasche, pertugi e vicoli ciechi. Una ragnatela di luoghi invisibili in cui far sparire i segreti più preziosi, a partire da un intero teatro di burattini di cartapesta dai colori vivaci. Quale migliore sorpresa per distrarre il cugino malato e i vicini, stipati in una stanza mal ridotta, di uno spettacolo di burattini? In poco tempo tutto il ghetto parla del piccolo burattinaio che gira di casa in casa strappando sorrisi anche ai più infelici. La notizia giunge fino ai soldati tedeschi. Fino a Max, un ufficiale che rimane talmente affascinato dal piccolo inventafavole da trascinarlo in un patto terrificante: ogni sera Mika potrà uscire dal ghetto senza incontrare ostacoli, a patto però di recarsi di filato alla caserma delle SS e allestire per loro il teatro di burattini. Se saprà incantarli con le sue storie potrà ritornare ogni notte dalla sua famiglia, altrimenti... 
Un libro che racconta il cuore fragile della tragedia, la perdita dell'innocenza di un bambino e la sua inesauribile capacità di sognare di nuovo."

Dopo l'invasione tedesca della Polonia, gli ebrei di Varsavia furono rinchiusi in un ghetto appena costruito e costretti a sopportare disagi terribili, fame e malattie, in un crescendo di sofferenza che si concluse con la deportazione, con la distruzione del ghetto, e con una ribellione soffocata nel sangue. Eppure, anche in mezzo al periodo più buio c'era ancora spazio per il calore umano, per le piccole speranze di ogni giorno.
Da un punto di vista storico, ho apprezzato questo libro per il modo in cui riesce a rendere l'atmosfera opprimente ed il senso di disperazione del ghetto, pur senza soffermarsi troppo sulle descrizioni. Alcune scene risultano particolarmente potenti, come la descrizione dell'orfanotrofio e dell'ospedale dei bambini, pubblico innocente e condannato che riesce a trovare un po' di felicità in quei burattini. A questo proposito, è interessante notare come oltre ai personaggi del romanzo trovino posto anche figure storiche come Janusz Korczak, eroico direttore di quell'orfanotrofio.
Per quanto riguarda la trama, lo svolgimento è decisamente veloce. Inizia nel presente, quando Mika ormai anziano estrae quel cappotto relegato sul fondo di un armadio per mostrarlo al nipote e per raccontarli finalmente cosa è davvero successo tanti anni prima, e poi passa a quel racconto, seguendo il protagonista negli anni del ghetto, dalla morte del nonno per essersi opposto ai soprusi dei soldati nazisti, alla fine del ghetto e della sua giovinezza. Poi torniamo al presente, e poi ancora al passato, seguendo uno dei burattini di Mika, il Principe, che era finito tra le mani di un soldato nazista, Max, lo stesso che aveva portato gli spettacoli del piccolo burattinaio alla caserma degli occupanti. Il Principe segue Max nei campi di prigionia siberiani, e da lì, in una lunga avventura, torna infine tra le mani del suo primo padroncino e tra le tasche del cappotto da cui la storia è cominciata, chiudendo dopo decenni un circolo di orrore e di speranza.
Forse proprio quest'ultima parte è quella che mi ha convinto a parlare di questo libro, per il modo in cui non si limita, dopotutto, ad un punto di vista, ma segue anche "l'altra parte", mostrando quel dopoguerra che per molti soldati tedeschi fu solo l'inizio di un altro incubo, ed i sensi di colpa che accompagnano i sopravvissuti.
Mika è un ragazzino costretto a crescere in fretta, al riparo del suo cappotto troppo grande. Trascinato dagli eventi, trova il coraggio di fare la sua parte, riuscendo a portare un po' di felicità ed anche aiuti più concreti all'interno del ghetto. La sua crescita si svolge anche sul piano sentimentale grazie alla cugina Ellie, un sentimento effimero a cui aggrapparsi, per quanto possibile, nell'orrore che li travolge.
Insomma, questo libro mi è piaciuto e mi ha commosso. Forse avrei voluto che durasse di più, che si soffermasse di più su alcune storie che meritavano di essere approfondite meglio invece di inseguire quel cappotto saltando mesi ed anni, ma a parte questo è un romanzo affascinante e storicamente accurato, che consiglio vivamente.