venerdì 28 novembre 2014

Margherita Dolcevita

Torno ad uno degli autori di cui, mi sono appena resa conto, ho parlato più spesso, Stefano Benni, ed ad un suo titolo molto interessante pubblicato nel 2009. "Margherita Dolcevita" è un romanzo che, nella tradizione consolidata di questo scrittore, si ambienta in una realtà che non è esattamente la nostra, ma che presenta molti elementi simili, e che porta alle estreme conseguenze tendenze dell'attuale società italiana. Il risultato è da un lato critica ironica e pungente al mondo in cui viviamo, dall'altro una storia fiabesca, divertente ed al tempo stesso triste.



" Margherita Dolcevita è una ragazzina allegra, intelligente e appena sovrappeso, con un cuore che di tanto in tanto perde un colpo. Vive con la famiglia fra città e campagna. Un giorno, davanti alla sua casa, spunta, come un fungo, un cubo di vetro nero circondato da un asettico giardino sintetico e da una palizzata di siepi. Sono arrivati i signori Del Bene, i portatori del "nuovo", della beatitudine del consumo. Amici o corruttori? La famiglia di Margherita cade in una sorta di oscuro incantesimo, nessuno rimane immune. E su chi fa resistenza alla festa del benessere, della merce, del potere s'addensa la nube di misteriose ritorsioni."

 Inizia così una storia a metà tra il realistico ed il fantastico, una storia di misteri sempre più inquientanti, amori tormentati, nonni filosofi che ballano il tango con i fantasmi, fratellini geniali ed incipit strampalati. Inizia così la storia della fine del piccolo mondo strano ma allegro di Margherita, consumato dalla violenza e dal vuoto che i nuovi vicini portano. Inizia così la storia della lotta di una ragazzina per difendere questo mondo di creatività ed individualità da un'invasione silenziosa che li vuole tutti omologati ed ubbidienti. Con la sua ironia, la sua testardaggine, ed il suo rifiuto di lasciarsi mettere i piedi in testa, riuscirà Margherita a strappare la sua famiglia dalle grinfie dei Del Bene? E chi è Angelo, il figlio ribelle e misterioso dei vicini, per cui la nostra protagonista si prende una cotta a prima vista, e che le lancia ambigui avvertimenti?
In un crescendo di tensione, mistero e violenza, si arriva ad un finale che è probabilmente tra i più aperti ed ambigui che io abbia mai letto. Ho trovato intere discussioni su Internet dedicate ad interpretarne il senso. Io ho almeno due versioni personali, quella un pochino più felice e quella deprimente, ma non vi dico nessuna delle due per evitare spoiler :P
Dal punto di vista stilistico, il linguaggio è forse meno pittoresco ed innovativo che in altre opere di Benni, ma si coglie comunque la sua originalità,  la sua capacità di inserire brevi frasi fulminanti dallo stuzzicante sapore filosofico, e soprattutto il suo talento nel tratteggiare con una breve e frizzante descrizione personaggi strampalati e affascinanti, a cominciare dalla meravigliosa Margherita e dalla sua famiglia.
Un linguaggio quindi un po' più vicino alla realtà, proprio come questo romanzo è più vicino alla nostra realtà rispetto ad altri titoli in cui comunque compariva l'ironica presa in giro dei difetti di questa società (vedi "La compagnia dei Celestini" o "Elianto"). C'è sempre quell'elemento inspiegabile, forse soprannaturale o forse allucinazione, ma attenuato rispetto a pericoli e paure molto più realistici. Vedere la propria famiglia sgretolarsi, non potersi più fidare delle persone più care, sapere che qualcosa è sbagliato ma essere ignorati, sparizioni senza spiegazioni e senza ritorno. Sono paure reali quelle su cui Benni costruisce l'avventura di Margherita, anche se avvolte da un'aura surreale.
Se devo trovare un difetto a questo libro è proprio nel finale troppo ambiguo e forse un po' affrettato, avrei preferito qualche risposta in più. Troppe cose rimangono oscure, spunti che avrebbero meritato un chiarimento. A parte questo l'ho trovato una lettura interessante e trascinante, che ha confermato ancora una volta la mia fiducia nelle capacità di Stefano Benni.
Qualcuno l'ha letto? Cosa ne pensate?


Clara


domenica 23 novembre 2014

Cube X Cursed X Curious

L'argomento di oggi è un anime di genere fantastico, che tra l'altro vince lo speciale premio "anime con il primo episodio meno indicativo dell'effettivo stile della serie". Motivo per cui, se dopo esservi sorbiti la recensione che mi accingo a fare volete concedergli un'occasione, suggerisco caldamente di aspettare il secondo episodio per decidere se guardarlo o no. Si tratta di una serie in 12 puntate uscita nel 2011, appunto "Cube X Cursed X Curious", o C3 per amor di brevità, tratto da un'omonima light novel.
Il protagonista, Haruaki Yachi, riceve dal padre perennemente in viaggio un cubo misterioso, che la notte stessa si trasforma in una ragazzina.Veniamo così a sapere dell'esistenza di strumenti maledetti, oggetti così intrisi di violenza e malvagità da assumere speciali poteri e, in alcuni casi, forma e consapevolezza umane. Proprio come quella ragazzina, Fear-In-Cube, strumento di tortura, perseguitata dal ricordo di quello che ha compiuto e che potrebbe ancora compiere, e determinata a liberarsi della sua maledizione...
Nulla di strano per il povero Haruaki, comunque. Sono anni che il padre gli recapita oggetti maledetti con lo stesso problema, visto che lui è immune alle maledizioni e l'area in cui vivono è carica di energia positiva. Il ragazzo accoglie così in casa Fear... con grande fraintendimento e dispiacere della vicina di casa Konoha.

L'apparenza...

Detto così, potrebbe essere l'inizio di uno dei tantissimi harem più o meno soprannaturali che sembrano riscuotere tanto successo in Giappone. Purtroppo per chi si aspettava di vedere una cosa del genere (e per fortuna mia, altrimenti non penso che lo starei recensendo) già dalla seconda puntata c'è una brusca virata, e prevalgono scene d'azione e brutali combattimenti. A partire da un'organizzazione dedita all'eliminazione degli strumenti maledetti, che non si fermerà di fronte a nulla per sterminare Fear e gli altri, fino ad una catena di sanguinosi omicidi seriali. Completo di elementi splatter.

... a volte inganna.



E avete presente quando ho accennato alle maledizioni che gli strumenti animati dalla violenza e dai pensieri negativi portano ai loro proprietari? Si va da quelle che risucchiano l'energia vitale, a quelle che spingono alla violenza, ad altre ancora più inquietanti... avrete l'occasione di vederle senza particolari censure, almeno in un caso in una scena decisamente disturbante. Vi avevo avvisato che non era esattamente un harem, ragazzi U_U
Detto questo, si potrebbe dire che l'anime pecca di una certa indecisione, in quanto si sforza comunque di incorporare equivoci, doppi sensi e inquadrature femminili tipici del genere harem, probabilmente per stuzzicare l'attenzione dei fan di quest'ultimo. A mio modesto avviso, se ne avesse fatto a meno, lasciando così più spazio alla trama, all'azione e all'approfondimento dei personaggi, sarebbe stato ancora più originale ed interessante, ma rimane comunque un titolo assai gradevole.
Un altro difetto è la mancanza di una conclusione seria, dovuto al fatto che solo la parte iniziale delle light novels è stata adattata, e che non ci sono tracce di una seconda stagione. Devo dire che questo è un problema piuttosto comune tra le serie che seguo.
Ma se la trama appare tuttavia incompleta, e per questo a tratti incoerente, l'anime recupera ampiamente terreno dal punto di vista dell'animazione, decisamente di alto livello, con inquadrature efficaci e scelte stilistiche originali che danno una tinta surrealistica ad alcune scene. Sono frequentissimi i momenti in cui avrei voluto mettere in pausa la puntata e salvare uno screenshot da usare come wallpaper. Anche la colonna sonora è ben curata.




Dal punto di vista "filosofico" la questione su cui si fonda la storia è quella della natura umana, e della possibilità da parte degli strumenti maledetti di diventare appunto umani. E' possibile cambiare quello che si è, e liberarsi di un passato di violenza e sangue? Su questa problematica si basano alcuni dei dialoghi più affascinanti dell'anime.
I personaggi sono interessanti, anche se, come accennavo, la maggior parte di loro non ha spazio sufficiente per essere approfondita a dovere. Fear è di sicuro il personaggio più approfondito, e si presta molta attenzione alle sue motivazioni, al suo desiderio di diventare umana ed al suo conflitto interiore. D'altro canto, dal punto di vista del carattere è spesso una bambina, e la sua completa ignoranza del funzionamento del mondo umano dà origine ad un paio dei momenti più umoristici della serie. Ed infine c'è la dimensione epica delle sue scene di combattimento, dato che tra i diversi meccanismi che la sua maledizione le permette di materializzare troviamo cose come una specie di martello pneumatico, una ghigliottina, una ruota dentata ed una vergine di ferro.
Haruaki, come potreste avere notato dalla prima immagine, è fisicamente molto simile ai protagonisti di parecchi altri anime. Si distacca per un'effettiva utilità, e per il fatto di sapere (più o meno) cosa sta facendo. Ho apprezzato il fatto che spesso il suo rapporto con Fear risulti, più che come un interesse sentimentale, come quello con una sorellina un po' problematica da aiutare a crescere.
Insomma, questo anime, nonostante alcuni difetti, è caldamente consigliato ai fan del soprannaturale horror ma non troppo. Buona visione!

Clara

Come ci ricorda Fear alla fine di ogni puntata, guardatelo o vi maledirò!

sabato 15 novembre 2014

Il magico mondo degli archeologi

Ve l'avevo promesso, me n'ero dimenticata, ve l'avevo promesso di nuovo... e prima di dimenticarmene un'altra volta, eccolo qui. Il primo di una serie di post dedicati a quello che ha poche probabilità di diventare il mio futuro lavoro, vista la situazione, ma che per ora è oggetto dei miei studi e mia grandissima passione.
Archeologia, dunque. E per la precisione, le mie esperienze in campo archeologico.
Non sono sicura di come sia nata la mia ossessione con l'archeologia. Forse è iniziato tutto quando, sulla scia della mia ossessione per gli alieni, mi hanno regalato l'Atlante dei Misteri di Giacobbo per farmi divertire un po'... ho iniziato ad informarmi seriamente, ed ho iniziato una crociata contro Voyager. Forse è iniziato quando, qualche anno dopo, hanno cercato di farmi perdonare regalandomi un altro atlante di archeologia più attendibile, ed ho passato una settimana ad approfondirlo.
O forse la teoria dei miei compagni di studio è vera, e faccio parte di quel 99% che è finito ad archeologia dopo aver guardato Indiana Jones, e ci è rimasto anche quando ha scoperto che la realtà non c'entrava niente. Si arriva al punto in cui, facendo un gioco di indovina-la-persona ad una festa tra studenti di storia ed archeologia, ci sono due Indiana Jones (ed entrambi vengono indovinati molto più in fretta di un impossibile Miley Cyrus). Sì, anche gli studenti di archeologia fanno festa, cosa credete?



E parlando di festa, volete sapere uno dei motivi per cui è così difficile uscire dal tunnel dell'archeologia una volta entrati? Perché c'è troppa gente simpatica. Da quando ho iniziato a studiare archeologia, e soprattutto da quando ho iniziato a partecipare a scavi archeologici, ho conosciuto un sacco di persone meravigliose... e per fortuna nessuna o quasi di loro sa dell'esistenza di questo blog, altrimenti la mia immagine sarebbe rovinata per sempre.
Credo che questo dipenda dal fatto che chi fa archeologia è lì per passione. Non per trovare un lavoro sicuro e guadagnare un sacco di soldi, perché si farebbe ridere dietro. Non per intascare una laurea facile mentre vive a scrocco dei genitori, perché se la parte del "facile" non gli è passata di mente dopo un esame di storia greca o romana, o dopo 2000 anni di archeologia del Vicino Oriente antico, basta che arrivi al primo scavo archeologico con otto ore sotto il sole cocente e poi ci ripensa. Chi rimane, chi continua su questa strada, è realmente lì per interesse... il che significa che si ha automaticamente un interesse comune.
Poi non so se è solo fortuna da parte mia, ma la questione degli interessi in comune si amplia. La maggior parte degli archeologi sono, in un modo o nell'altro, un po' nerd, tanto sono già abituati ad essere guardati come se fossero pazzi. E così, può capitare che si passi tutta la pausa pranzo a discutere di Xena Principessa Guerriera, oppure che davanti ad una pizza post-settimana-di-scavo scoppi una shipping war nel fandom di Harry Potter... e non mi importa quante fanfiction sostengano il contrario: NON c'è traccia di una relazione romantica tra Draco Malfoy ed Hermione, e MEN CHE MENO tra Draco e Harry! Ehm, dove ero arrivata?

Già al mio primo scavo, il mio capo-settore ci elargiva pillole del genere:
- Ragazze, oggi è una giornata buona. Trovatemi il Tesseract, va bene?
- Allora, io sono il Maestro assassino, e voi le apprendiste. Ogni volta che trovate qualcosa di interessante guadagnate un livello da assassini.
- Clara, se hai bisogno di aiuto per mettere in bolla la stazione totale posso sempre chiamare i Power Rangers.
Ha perso un po' di punti quando ha dimostrato il suo disprezzo per Mirai Nikki senza averlo mai letto, ma non si può avere tutto dalla vita.

E sapete già dallo scorso post che al mio ultimo scavo avevo una fan della Marvel. In realtà più di una, visto che c'erano anche i nostri responsabili di scavo ad attizzare il fuoco delle fangirl dentro di noi. Il tutto ai danni dell'archeologa non fan di fantascienza, che ha dovuto:
1) Sorbirsi l'elenco dei motivi per cui gli X-Men dei fumetti, magari con un paio di altri supereroi assortiti, non avrebbero avuto la minima difficoltà a "fare un c**o così" (cit) a tutti i personaggi di Harry Potter.
2) Sentirsi spiegare cosa vogliono dire slash, yaoi, OTP, ed altro gergo da fangirl.
3) Essere soggetta a lunghe ed estenuanti spiegazioni dopo la seguente conversazione:
RESP(onsabile): Ragazzi, ma avete dato un'occhiata a queste carriole?
LEI: Che cosa hanno?
RESP: Sono di marca Stark.
LEI: ....
RESP: Eddai, C. Cosa ti ricorda Stark?
LEI: Ehm... Stark Trek?
RESP (guardandomi): C., non allarmarti, ma credo che Clara voglia ucciderti.
Prima che lo chiediate, non ho mai avuto la minima intenzione di ucciderla. Ci vuole di peggio per spronare i miei istinti omicidi, molto peggio, altrimenti sarei già in prigione da un pezzo.


C. non è stata l'unica, a quanto pare...

Ce ne sarebbero altre da raccontare, ma penso che per oggi basti così. Nei prossimi post su questo tema, vi attendono altri aneddoti sulla strana vita che si conduce ad uno scavo archeologico, e soprattutto sulle difficoltà meno raccontate di questa professione. A meno che i miei colleghi dell'università non vengano a linciarmi per aver rivelato i segreti del mestiere, nel qual caso mi toccherà fuggire nel totale anonimato, con gravi perdite per l'umanità... o anche no.
A presto!

Clara

PPS: Avrete notato l'assenza in questo post di un paio di elementi di disturbo che di solito si intromettono con i loro siparietti per il puro gusto di insultarmi. La verità è che oggi è il compleanno di Voce, e per timore che io facessi un altro imbarazzante (definizione sua) post di auguri, la vile creaturina incorporea ha pensato bene di svignarsela e di portare con sé l'altro inquilino abusivo. Hanno lasciato un biglietto mentale dicendo che sarebbero tornati a perseguitarmi. Non so se essere preoccupata o lusingata.

martedì 11 novembre 2014

Ratman



Ecco un altro manga molto interessante ed altrettanto tristemente sottovalutato, un titolo che gli appassionati di supereroi non dovrebbero lasciarsi sfuggire.

Voce, ricordami un secondo da quando Clara è appassionata di supereroi?

Da quando era piccola e saccheggiava gli scatoloni di vecchi fumetti della Marvel abbandonati dai suoi zii. Poi le era passata, motivo per cui nessuno su questo blog ne ha mai sentito parlare... purtroppo quest'estate agli scavi ha trovato una fan della Marvel, ed è stata contagiata di nuovo.

Sempre detto che gli scavi archeologici fanno male.

Grazie per avermi ricordato che devo fare qualche post sull'archeologia, Piccolo Troll.

Maledizione.


Eravamo quasi riusciti ad evitare l'imbarazzo. Comunque, non avevi un manga da recensire, tu?

Giusto, giustissimo.Visto che spesso, quando recensisco uno dei miei adorati manga sconosciuti, poi smettono di fare la traduzione o direttamente di produrlo, stavolta provo la tecnica contraria. Recensisco un manga di cui non escono neppure le scan da un bel pezzo, e vediamo se ricomincia.

 La logica non fa una piega, bisogna ammetterlo.

La smetti di incoraggiarla?



"Ratman - The smallest hero", di Inui Sekihiko, è un manga di genere shounen, ed eccovi la trama...
In Giappone, la nuova grande mania sono i supereroi. Supereroi con regolare licenza dall'associazione degli eroi, e sponsorizzati da grandi e piccole compagnie per farsi pubblicità. Shooto Katsuragi è un ragazzo che sogna di diventare un eroe per aiutare gli altri ed emulare il suo idolo, Shining Man. Purtroppo per lui... è basso. Molto basso. Ma questo non gli impedisce, appena l'occasione si presenta, di gettarsi in azione e diventare un eroe... giusto? Peccato che finisca accidentalmente sotto contratto con l'organizzazione criminale Jackal.
Presto, però, Shooto si rende conto che non tutto è come sembra. Gli eroi sono molto meno scintillanti di quanto volesse credere, i criminali con cui si è  involontariamente associato non sono così cattivi, e Ratman, il suo spaventoso alter ego, potrebbe lo stesso essere la realizzazione del suo sogno.



Ora, la prima cosa da dire è che questo manga è davvero comico. La maggior fonte di comicità sono loro:



I Jackies, i biechi scagnozzi della Jackal Association, nel mezzo delle loro attività criminali. In realtà sanno anche essere piuttosto efficienti, soprattutto quando si tratta di salvare qualcuno, evacuare i civili, fare la spesa... solo qualche piccolo problema con le missioni in incognito. Come dite? Non vi suona molto da scagnozzi criminali? Ve l'ho detto, in questo manga molte cose non sono quello che sembrano.
Inoltre, la serie si diverte a fornire una visione assai particolare dei grandi classici del genere supereroico. La donzella in pericolo da salvare? Una trappola della Jackal. Le varie altre fanciulle della storia? Gran parte di esse picchiano anche meglio del protagonista, almeno quando è umano.

Questa è Rio. Prende lezioni di combattimento da un marine americano e suo padre dirige l'Associazione degli Eroi. La vostra tipica fanciulla indifesa, insomma...


Ma non si tratta esclusivamente di un manga comico. Ci sono moltissime scene d'azione, come ci si aspetta da una buona storia di supereroi, e nuovi nemici sempre più potenti a contrastare Ratman. Il nostro non-esattamente-eroe si ritrova spesso alle strette, ed i combattimenti diventano sempre più epici con il procedere della trama.
Un altro fattore interessante è che la storia si concentra molto sullo sviluppo dei personaggi, dandoci immagini a tutto tondo in cui (quasi) nessuno è completamente cattivo. Ognuno ha le sue motivazioni, ed attraverso gli occhi del protagonista ci ritroveremo a passare dal detestare all'apprezzare qualcuno. Anche i personaggi che in altre serie sarebbero relegati ad essere semplici comparse comiche hanno i loro momenti di splendore: gli stessi Jackies, o Fatman il supereroe della pizza... non fatevi ingannare, è un eroe a tutti gli effetti. Si svelano retroscena tragici, perché ancora una volta, cosa sarebbe un supereroe senza qualche evento drammatico alle spalle?
Per quanto riguarda lo stesso Shooto, l'ho trovato molto più simpatico della media dei protagonisti di manga o anime, che tendono ad essere meno interessanti dei personaggi secondari. Il suo idealismo e la sua lotta per realizzare il suo sogno, che sembrano elementi inevitabili del genere shounen, si uniscono ad un sincero desiderio di aiutare gli altri ed ad una disponibilità a mettersi in discussione.
Ultimo punto, lo stile di disegno ben curato e piacevole, molto efficace nelle scene più movimentate, ma anche in quelle tranquille. Per la gioia degli occhi ci sono ovviamente, come di consueto nei manga, parecchi personaggi davvero carini, sia maschili sia femminili, così si accontentano tutti i gusti... ma al tempo stesso ci sono anche personaggi che non rispettano i canoni convenzionali di bellezza, ma non per questo sono relegati a ruoli da macchietta comica. Lo stesso Ratman non è precisamente un modello, dopotutto... soprattutto quando tira fuori le zanne.



Insomma, questo manga presenta una visione originale del genere supereroico, con una componente molto divertente, parecchia azione mozzafiato e personaggi interessanti. Se vi piace il genere supereroico... buona lettura!

Clara


giovedì 6 novembre 2014

Il viaggio oltre la vita

Avete intenzione di passare a Bologna entro il 22 febbraio 2014? Bene, ecco un suggerimento per voi tra le mille cose che questa splendida città ha da offrire.
A Palazzo Pepoli potete trovare il Museo della Storia di Bologna, un affascinante percorso dedicato allo sviluppo di questo centro. In particolare, all'interno di questo percorso è ora aperta una mostra dedicata agli Etruschi, che sono stati una parte fondamentale della storia di Bologna, alle loro pratiche funerarie ed al loro rapporto con l'aldilà.



Uno dei monumenti più simbolici della civiltà etrusca è forse il Sarcofago degli Sposi, esposto in modo permanente al museo di Villa Giulia, mentre l'unica altra versione esistente si trova al Louvre. Sul coperchio sono raffigurati una coppia di banchettanti, marito e moglie (dal momento che nella civiltà etrusca, a differenza di quella greca, anche le donne della famiglia partecipavano all'importante momento del banchetto). In questa mostra potrete ammirarne una ricostruzione materiale, e soprattutto una ancora più innovativa ricostruzione virtuale. L'installazione integra proiezioni sulle pareti, una ricostruzione ologrammatica in teca, ed una colonna sonora mozzafiato eseguita da quintetto d'archi. Assolutamente spettacolare.

Tra i reperti più affascinanti troviamo gli affreschi originali della Tomba della Nave di Tarquinia, di metà V sec. a. C. Le pitture sono state "strappate" dalle pareti originarie, secondo una pratica discussa ma che in alcuni casi è stata purtroppo necessaria, e questo permette al visitatore di entrare in un'autentica tomba etrusca. La nave che giunge in porto, sottraendosi a scogli erranti e mostri marini, conduce il defunto ad un sontuoso banchetto nell'aldilà, con musici e danzatori.
Dalla nave passiamo a due stanze con un'esposizione stabile sulla Bologna etrusca , allora chiamata Felsina, centro principale dell'Etruria padana. C'è una riproduzione (in miniatura, visto che l'originale era larga 9 m) della strada sepolcrale occidentale da cui si accedeva alla città. Gli Etruschi infatti utilizzavano necropoli extra-urbane, poste però in corrispondenza delle vie principali: lo spazio dei morti era separato da quello dei vivi, ma continuamente rinnovato nella loro memoria. Vediamo diverse stele felsinee, caratteristiche appunto di quest'area, che fungevano da segnacoli funerari, e nella sala successiva alcuni esempi di corredo funebre.

Salendo ancora, ed attraversando le sale dedicate alla Bologna di età moderna, si accede di nuovo alla mostra  attraverso una porta con due demoni ai lati. La prima sala è dedicata al viaggio verso l'aldilà, e presenta il cratere di Euphronios, in cui il cadavere di Sarpedonte è portato via da Ipnos e Thanatos, figure demoniache alate di ispirazione greca che saranno rielaborate nella concezione etrusca dalla metà del V sec. a. C., quando l'aldilà non è più solo suggerito, ma anche rappresentato.  I "demoni" etruschi non sono personaggi negativi, ma figure guida che accompagnano il defunto nel suo pericoloso viaggio verso l'aldilà.



La seconda sala è dedicata al mare, che spesso e volentieri era metafora della morte, come già visto nella Tomba della Nave. Una statua di cavaliere su un ippocampo, un vaso con la lotta tra Eracle e Tritone, il tema dei delfini che si tuffano (il tuffo non come sport, ma come ordalia, prova, trasformazione). Altri vasi mostrano invece una raffigurazione più architettonica dell'aldilà.
Oltre questa sala sono presenti una serie di approfondimenti tematici. Nella Tomba dei Demoni Azzurri, vari demoni accompagnano la defunta nelle diverse tappe del suo viaggio, fino agli antenati che le vengono incontro ed a Caronte sulla sua barca. In fondo è visibile il banchetto che la attende. I demoni psicopompi di matrice greca sono poi rielaborati in modo autonomo, diventano Carun e Vanth, la sua corrispondente femminile, che ci hanno accolti all'ingresso. Altri approfondimenti riguardano la diffusione del dionisismo, il culto di Dioniso, promessa di una salvezza ultraterrena, e le differenze tra Etruria padana ed Etruria tirrenica.
Nella terza sala vediamo ancora le stele felsinee, con il tema del viaggio su carro che conduce il defunto all'apoteosi, come un eroe. Infine si accede alla splendida ricostruzione virtuale di cui ho parlato all'inizio.

Ma perché ne ha parlato all'inizio se si accede solo alla fine?


Perché ha paura che, se l'avesse messa in fondo, i lettori si sarebbero addormentati prima di arrivare alla parte più originale.

E parlando di parti originali, a Palazzo Pepoli potete anche vedere un grazioso cortometraggio, un cartone animato in 3D che ci presenta una rapida, ma molto ben curata, panoramica sulla storia di Bologna, con la guida del simpatico etrusco Apa. Fatto per essere apprezzato anche dai più piccoli, potrà forse strappare una lacrimuccia ai più grandi se pensiamo che la voce di Apa è niente meno che quella di un grande ed indimenticabile bolognese doc: Lucio Dalla.


Aspettiamo due minuti perché Clara vada su Youtube a cercarsi una playlist di Dalla, nel caso non lo sappiate lei ha una grave dipendenza da cantautori italiani... va bene, possiamo ricominciare. Cioè, in realtà finire, perché ha già detto tutto.

Grazie, Voce. Per questa mostra, è stata aggiunta al video una scena inedita in cui Ati, etrusca del Sud doppiata da Sabrina Ferilli, espande il discorso alla cultura dell'Etruria tirrenica, in particolare al santuario di Veio.
Insomma, se vi appassiona la storia antica, e se avete l'occasione di passare a Bologna, questa mostra e tutto il museo che le fa cornici sono davvero interessanti. Che ne pensate, fate una bella gita? ;)


Clara


domenica 2 novembre 2014

Uomini in rosso

Il modo migliore per introdurre il libro che ho appena letto, e che mi affretto a presentarvi, è riportare la conversazione che ho avuto in proposito con una compagna di corso.

LEI: Ehi, che stai leggendo?
IO: Dunque, hai presente Star Trek? La serie originale?
LEI: Sì, certo.
IO: Hai presente i poveri disgraziati con l'uniforme rossa che muoiono sempre?
LEI: Certo...
IO: Questo libro parla di loro.

Tenete presente che tutta questa conversazione si è svolta a causa del fatto che Clara stava ridacchiando come una cretina mentre l'altra, poveretta, tentava di ripassare per un esame.

Clara, sei una pessima persona.


Va bene, grazie per l'interessamento. Ora posso proseguire con la recensione?

Considerando che sono tre giorni che rimandi il momento di scriverla? Certo, prosegui pure. Intanto io vado a cercare un'uniforme rossa della tua taglia.

Okay, ora è il momento di un'altra premessa. Portate pazienza, ma quando ci vuole ci vuole. Come forse alcuni di voi sapranno, altri no, ho sviluppato una preoccupante dipendenza da un sito Internet chiamato TvTropes, un sito (in inglese) che cataloga appunto i tropes, i "meccanismi" ricorrenti della narrativa, e le opere in cui sono stati usati. E che risucchia il tempo libero in maniera terrificante, ma questo è un altro discorso. Insomma, uno degli strumenti narrativi in cui mi sono imbattuta, nel mio vagare tra le pagine, è questo: Red Shirt, ovvero la comparsa che muore per introdurre il nemico/pericolo di turno, o semplicemente per aumentare la tensione.
Da quella pagina, sono approdata ad un romanzo intitolato appunto Red Shirts, parodia dedicata a queste sfortunate figure. Non ci ho fatto molto caso, visto che le speranze di vederlo in italiano mi sembravano scarse.
E poi, qualche giorno fa, sono andata in biblioteca ed ho iniziato ad esaminare lo scaffale di fantascienza, alla ricerca di una lettura interessante. C'erano alcuni titoli nuovi, e questa copertina mi ha incuriosito:



Ho iniziato a leggere la quarta di copertina, e mi sembrava di aver già sentito quella trama... poi ho guardato il titolo originale: Redshirt. Era la traduzione italiana di Redshirt. Vi giuro, ero sul punto di mettermi a saltellare di gioia.

A quel punto ha scoperto di aver dimenticato a casa la tessera della biblioteca ed ha dovuto aspettare il giorno dopo per prendere in prestito il libro. Se proprio dobbiamo fare una premessa più lunga della recensione, tanto vale spiegare tutto fino in fondo.


Va bene, la premessa è finita.

Quindi il pezzo in cui ti dimentichi di cenare perché vuoi assolutamente finire il libro lo saltiamo?

Ho detto che la premessa è finita, grazie tante! Ma ora, visto che lo faccio sempre e non vedo perché interrompere la tradizione, vi rifilo anche la quarta di copertina:

"Nella grande ammiraglia dell'Unione Universale, l'Intrepid, le uniformi hanno il colore della gloria." Non credeteci. Hanno il colore dell'opportunismo, e chi comanda non porterà mai una casacca rossa. Chi comanda è al sicuro sui ponti più alti, mentre chi va incontro al nemico – quando è il momento di affrontare l'ignoto, di rischiare la vita – sono sempre i sacrificabili. Quelli col petto rosso di coraggio, come dicono i bandi d'arruolamento, quelli col petto rosso di sangue. Andrew Dahl scoprirà tutto questo a bordo dell'Intrepid, dove lo hanno assegnato al prestigioso laboratorio di Xenobiologia. Perché nella missione c'è qualcosa di profondamente sbagliato, qualcosa che sa di inumano... più ancora dell'anatomia dei corpi alieni.

O, per dirla, con le sue parole "C'è decisamente qualcosa di sballato su questa nave". Considerando che il tasso di perdite sull'astronave Intrepid è il più alto dell'intera flotta, che tutti i veterani dell'equipaggio fanno del loro meglio per stare alla larga dagli ufficiali di comando, e che sono tutti terrorizzati dalla semplice idea di partecipare ad una missione di sbarco con loro, Dahl ha ragione a sospettare qualcosa. Così lui e gli altri nuovi arrivati sulla nave si ritrovano a chiedersi cosa stia davvero succedendo, e quali siano le loro chances di sopravvivenza, tra robot killer, teste esplosive, avvenimenti improbabili ed inspiegabili distorsioni delle leggi della fisica e della biologia.
La risposta, e tutto quello che segue, trasforma il romanzo da semplice parodia a geniale ed esilarante esempio di metafiction, che tocca il culmine nel finale. Perché in effetti c'è una spiegazione logica all'altrimenti inspiegabile situazione dell'Intrepid... una spiegazione così folle, ed una soluzione così folle, che potrebbe anche funzionare. E che porterà i nostri personaggi alla Hollywood del 2012.
Se siete fan di Star Trek, o in generale della fantascienza, non potete perdervi questo libro, tra l'altro vincitore del premio Hugo 2013 per il miglior romanzo. L'umorismo che pervade ogni pagina dall'inizio, in cui uno sfortunato guardiamarina viene divorato dai vermi giganti borgoviani, alla fine arricchisce una trama tutto sommato semplice nello svolgimento, ma ricca di colpi di scena. Il ritmo è assai rapido, oserei dire proprio come quello di una puntata di un telefilm (e con ottimi motivi). Ci sono parecchie scene d'azione, ma non mancano un paio di momenti commoventi. Un tocco particolarmente interessante è la presenza, dopo la "scena finale", di tre code, tre epiloghi, rispettivamente in prima, seconda e terza persona, che mostrano le conseguenze della storia su alcuni personaggi secondari.
Una cosa che mi è piaciuta, e che mi ha divertito molto, è che il romanzo non cerca di essere "corretto" come i telefilm sono costretti ad essere per evitare censure. E così abbiamo commenti e dialoghi a sfondo sessuale, ed uno dei personaggi principali è uno spacciatore di droghe... ops, di funghi alieni perfettamente legali (e canditi). Il linguaggio è realistico, anche se mai eccessivamente volgare, coerente con l'ambientazione.
Non mancano i riferimenti a cult della fantascienza, a partire ovviamente da Star Trek, a Dune (vermi giganti, nessuno?), a Star Wars. E men che meno le frecciatine all'indirizzo dell'ambiente della televisione, soprattutto considerando che l'autore è anche sceneggiatore televisivo.
Insomma, il libro è fresco, originale, capace di strappare una risata a chiunque, e tra gli esperimenti di metanarrativa più riusciti che io abbia letto negli ultimi tempi. Lo consiglio vivamente a tutti gli appassionati di fantascienza. Buona lettura!


Clara


PS: Ehi, Clara, ho trovato una maglia rossa della tua taglia!

PPS: Io invece ho trovato un po' di meme carini sulle Red Shirts di Star Trek. Visto che Clara sta litigando con la Voce sull'opportunità di indossare o meno la maglia rossa, li aggiungo qui in fondo.