Con questo post torniamo alle recensioni di libri di fantascienza, e per la precisione ad un titolo ormai piuttosto stagionato. "L'occhio nel cielo", o solo "Occhio nel cielo" in altre edizioni, è infatti stato scritto nel lontanissimo 1955 da Philip K. Dick, famosissimo ed originalissimo autore di fantascienza dagli interessanti e spesso inquietanti risvolti psicologici e sociali, che la maggior parte delle persone conoscono come l'autore del romanzo da cui è stato tratto "Blade Runner". Se il nome non vi dice niente neppure così, ne deduco che non siete appassionati di fantascienza.
Nel qual caso, siete autorizzati a premere la X in alto a destra e dedicarvi ad attività più interessanti della lettura di questo post. Tanto Clara non ha modo di accorgersene, quindi nessun sentimento offeso... peccato.
Tornando alla mia recensione, questo libro mostra in effetti qualche segno dei tempi in cui è stato scritto, per cui alcuni elementi potrebbero apparire anacronistici, ma è ancora una lettura affascinante, e presto vi spiegherò perché... ovviamente, dopo avervi presentato la trama:
Un incidente in una centrale nucleare di nuovissima sperimentazione coinvolge un gruppo di persone, sette visitatori e la loro guida, facendoli precipitare nel raggio delle radiazioni. Tra di essi c'è l'esperto di elettronica Jack Hamilton, appena licenziato dal suo lavoro per i sospetti di simpatie comuniste della moglie, anche lei presente. Nei minuti che le vittime passano distese a terra tra le macerie, in attesa dei soccorsi, le loro menti si ritrovano altrove, in mondi creati dalla psiche e dalla soggettiva visione della realtà di alcuni di loro. E scoprono che la realtà distorta attraverso gli occhi di un altro può essere molto più terrificante di qualsiasi fantasia...
Il romanzo è ambientato nell'America degli anni Cinquanta, un'America in piena guerra fredda ed ossessionata dalla minaccia comunista al punto da scatenare una vera e propria caccia alle streghe, un America ancora permeata di razzismo e di perbenismo. Proprio da questo punto di vista alcune reazioni dei personaggi ed alcuni dei loro discorsi possono, come ho accennato, apparire anacronistiche ai lettori del Duemila. Ma basta provare a sostituire "comunisti" con "terroristi islamici", o con qualche altra parola che i nostri giornali e telegiornali ripetono regolarmente, per rendersi conto che dopotutto qualche somiglianza si trova ancora, e per trovare una maggiore empatia con i personaggi.
Detto questo, tuttavia, non è la dimensione storico-politica quella che mi ha colpito soprattutto in questo libro, ma la sapiente costruzione della tensione, mentre i protagonisti si rendono conto che il mondo in cui si sono risvegliati non è quello che avevano lasciato, e cercano di scoprirne la causa. All'inizio, infatti, non hanno la minima idea di cosa sia successo, né di come tornare nel proprio mondo. E quando riescono a comprenderlo, la tensione non si smonta affatto, ma anzi sale l'angoscia di ritrovarsi bloccati in un incubo che non è neppure il loro, trascinati in un'odissea tra fanatismo e psicosi, che sembra farsi sempre più pericolosa. A questo viaggio si intreccia la storia personale di Jack e Marsha Hamilton, dominata dal dubbio del primo: sua moglie è la donna che ha sempre amato, o gli ha davvero nascosto di essere una pericolosa sovversiva? Fino a che punto può fidarsi di lei e della sua innocenza? La risposta arriverà solo alla fine dell'allucinato labirinto di mondi e menti...
Il libro, se ci fosse bisogno di sottolinearlo, mi è piaciuto molto. Philip Dick è un maestro nel rendere l'atmosfera straniante in cui si giocano il conflitto e la sovrapposizione tra mente e realtà, dalla prima progressiva realizzazione che "qualcosa è sbagliato" alla più completa, terrificante e paranoica realtà la cui descrizione non ha nulla da invidiare ai maestri dell'horror. Proprio la capacità di passare da toni quasi ironici al frenetico ritmo di una scena d'azione, da momenti filosofici a pericoli angoscianti, è un altro dei punti forti di questo romanzo, che tuttavia è tenuto insieme dal filo unitario del punto di vista di Jack e della sua personalità razionale, decisa a ritrovare la via di casa, ed al tempo stesso tormentata dai propri dubbi.
Un romanzo dal ritmo incalzante e dalla trama ricca di colpi di scena, che pone in dubbio la realtà stessa, mettendo in luce la discrepanza tra questa e la visione che noi ne abbiamo. Una delle più magistrali ed inquietanti interpretazioni che io abbia mai letto dell'espressione "vedere il mondo con gli occhi di un altro".
Buona lettura...
Clara
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